“Rose di me”, PRIMO ALBUM DI PAOLA PETROSILLO, DIARIO INTIMO DI VERSI, NOTE E INFINITE SUGGESTIONI MUSICALI
di Roberto Molle ___________
Ci sono dischi capaci di spiazzarti, mettendoti all’angolo con la malìa di una voce che dispensa bellezza.
“Rose di me” è il primo album da solista per Paola Petrosillo (cantautrice, chitarrista ed etnomusicologa di Brindisi), pubblicato qualche mese fa per Desuonatori/Nos Records, l’ho incrociato tra testa e collo non riuscendo, nell’immediato, a venirne a capo. Non avevo mai ascoltato Paola prima, e le canzoni di “Rose di me” un po’ lontane dalle mie corde, come prima reazione mi avevano causato una leggera inquietudine e allo stesso tempo crescente attrazione.
Nessuna svisata di Gibson, nessun tamburo a farti pulsare le tempie, nessuna elaborazione sintetica: solo il suono cristallino di qualche chitarra e versi che si liberano leggeri nell’aria.
Quella di Paola è una voce chiara, schietta, sincera, che attinge al proprio diario intimo e tratteggia pezzi di vita tra i chiaroscuri del tempo che scorre.
I nove brani dell’album a riascoltarli più volte, mi sballottano tra sottili emozioni e memorie che si fanno delicatamente strada tra l’ammasso di ricordi tenuti piacevolmente in disordine. Ogni canzone è un rimando, un tuffo al cuore, e anche se ho davanti la track-list con le note di Paola che accompagnano ogni brano, quello che mi faccio in testa sono i miei di film.
Le canzoni scivolano delicate mentre da fuori un sibilo leggero di vento filtra dalle tapparelle liberando suggestioni e collegamenti a mondi che mi sono appartenuti e lo saranno per sempre.
Il respiro scanzonato da filastrocca di “Più veloce della luna” ha l’afflato e lo spleen del Sergio Endrigo meno malinconico quando a “tavolino” con Vinícius De Moraes e Giuseppe Ungaretti diedero vita (con la complicità di Toquinho) a uno degli album più poetici degli anni Sessanta.
“Una vela” è virtuosismo chitarristico, ballata che s’impenna leggermente elettrificata. La voce di Paola è ricca di sfumature, capace di creare origami di parole come piccoli fregi argentei; e il ricordo non può non riandare al refrain di “Abbandònati” e al Grande Omi, alt-band misteriosa e sfortunata che ha vissuto il tempo di una decade prima che lo scorso secolo si andasse a spegnere.
Brani svenati da ogni fremito rock ma pregni di pulsioni poetiche: “Gli occhi degli altri”, “Entroterra”, “Risalita” e altri che sono rock nell’attitudine come “Il canto minore” vibrante di pathos e “Il Pioppo di Titì” che trasporta delicatamente dentro la sua disarmante bellezza.
“Rose di me” è un album complesso nella sua apparente semplicità, ricco di citazioni e costruito su presupposti sorretti da mille esperienze artistiche e umane.
Dalla sua filigrana sono rilasciate voci e volti che hanno contribuito a scrivere pagine importanti della scena musicale italiana, a partire dall’indimenticabile Marisa Sannia (dapprima acerba cantrice di storie in bianco e nero, poi dedicatasi al recupero del canto popolare sardo) , passando per Laura Luca (una fugace apparizione al Sanremo del 1978 lasciandosi dietro una canzone che ancora risuona nella testa) e continuando con Tosca, Cristina Donà e Ginevra DI Marco (moderna congregazione di cantanti e autrici).
Tutto l’album è stato composto per i testi da Paola Petrosillo, e per la musica dalla stessa e da Valerio Daniele, poliedrico musicista, compositore e arrangiatore che l’accompagna in tutte le nove canzoni di “Rose di me”.
Per completezza va detto che la collaborazione tra Paola Petrosillo e Valerio Daniele affonda le radici negli anni, in particolare a iniziare dai progetti Desuonatori (coordinamento pugliese che raccoglie e sostiene musica inedita ponendo particolare attenzione ai contesti di fruizione) e “MARinARIA”, intenso e bellissimo album (pubblicato nel 2011) fatto di canzoni scritte in dialetto brindisino, sapientemente arrangiato e suonato, costruito su contrafforti sostenuti da atmosfere evocative e un afflato poetico che trascina dentro un vortice di suoni raffinati e mari sconfinati.
Su tutto, la voce duttile e sognante di Paola Petrosillo che, idealmente, risuona di notte o nella controra.
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