SALENTO IN FIAMME. RIUNIONE ISTITUZIONALE SU PREVENZIONE E REPRESSIONE DEL FENOMENO DIVENTATO VERA E PROPRIA EMERGENZA. IL PREFETTO NATALINO MANNO CHIAMA TUTTI AD AGIRE CONTRO GLI INCENDI
di Flora Fina __________
Nel cuore dell’estate salentina, quando il vento secco agita le fronde bruciate e il sole si posa crudele sulla terra assetata, il paesaggio cambia volto. Quello che per molti è sinonimo di vacanze e bellezza, per chi abita e difende questo territorio è diventato uno scenario di battaglia. Non è una metafora. Il Salento brucia, e con esso brucia un’intera idea di futuro.
Ieri sera, nella sede della Prefettura di Lecce, si è tenuta una riunione che non è stata soltanto un momento operativo: è sembrata quasi un appello alla resistenza civile e istituzionale.
Il Prefetto Natalino Manno (sotto, in foto) ha riunito intorno a sé le voci e le braccia del sistema di protezione civile: Commissario Straordinario del NUE, Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, Capitaneria di Porto, rappresentanti dei Comuni, ARIF, volontari e l’Ente Parco Otranto-Santa Maria di Leuca. Tutti convocati per rispondere a un’emergenza che non è più tale, perché ha cessato di essere imprevista: è diventata sistemica, ciclica, endemica.

Non si tratta più di contenere un pericolo, ma di frenare una deriva. La riunione ha dato forma a un documento operativo condiviso, redatto in sinergia con la Regione Puglia: un prontuario pensato per gli incendi più insidiosi, dove ogni dettaglio è studiato per guadagnare minuti preziosi contro un nemico che divampa in pochi istanti. Il 112 come primo baluardo, la Sala Operativa Regionale per il coordinamento, i Vigili del Fuoco come cuore dell’intervento sul campo, affiancati da volontari esperti, tecnici ARIF, forze di polizia e municipali. Tutti incardinati in una macchina che, per essere efficace, deve muoversi come un solo organismo.
Ma non basta la reazione. Serve prevenzione, e serve memoria.
Per questo il Prefetto ha ribadito agli amministratori locali l’urgenza di aggiornare il catasto delle aree percorse dal fuoco. Quei vincoli di inedificabilità per dieci anni non sono solo norme urbanistiche: sono sentinelle giuridiche contro ogni speculazione, strumenti di giustizia paesaggistica. Al tempo stesso, è stato rivolto l’invito a intensificare le campagne informative rivolte alla cittadinanza, affinché la vigilanza sia anche popolare, spontanea, diffusa.

Non basta più spegnere le fiamme. Bisogna risalire la scia del fumo fino alla mano che accende. Per questo, presso la Questura sarà istituito un Tavolo tecnico che metterà insieme investigatori, volontari e polizie locali: si pattuglierà, si osserverà, si analizzerà. Perché se il fuoco è evidente, chi lo appicca si nasconde, e va smascherato. È una questione di giustizia. Di dignità.
Chi appicca un incendio nel Salento oggi non distrugge solo alberi, coltivazioni, strutture. Devasta la fiducia, cancella la memoria dei luoghi, ferisce un’identità. Ecco perché questo tipo di crimine non può più essere trattato come una mera infrazione ambientale. È, in tutta evidenza, un attacco deliberato alla coesione di una comunità, al suo diritto di esistere in equilibrio con il proprio paesaggio.
Il Prefetto ha parlato con nettezza, senza retorica, ma con la lucidità di chi sa che il tempo delle mezze misure è finito. Ha chiesto presenza, determinazione, unità. Ma soprattutto ha evocato una responsabilità condivisa: quella di non abbassare la guardia, di non rassegnarsi, di non accettare come “normale” ciò che è scandaloso.
Perché il fuoco, qui, non è più solo una calamità. È diventato un segnale. Di abbandono. Di assenza. Di impunità. E come tale va combattuto. Con le leggi, con la scienza, con la tecnologia, ma anche con la voce e la volontà di chi abita questa terra.

Il Salento non può più permettersi di contare le sue ferite alla fine di ogni stagione estiva. Occorre un nuovo patto, non solo tra istituzioni, ma tra cittadini e natura, tra sviluppo e responsabilità, tra progresso e rispetto. Il fuoco distrugge ciò che non è difeso. Ed è proprio da quella cenere, ancora calda, che bisogna ripartire. Perché ciò che brucia non è soltanto il verde dei boschi. È la speranza. ____________
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