THE WINSTONS, A MORTE L’AMORE, CIGNO E OFFLAGA DISCO PAX: I CONCERTI DEL SUD EST INDIPENDENTE FESTIVAL

| 10 Agosto 2025 | 0 Comments

di Roberto Molle __________

Il SEI (Sud Est Indipendente Festival) organizzato da CoolClub è ad oggi una delle realtà culturali più interessanti che si tengono in Puglia. Due mesi, dal 22 giugno al 24 agosto, in cui il Salento si fa teatro vivo, palco diffuso, offerta culturale tra le più interessanti in circolazione in questa estate rovente.

Quest’anno la diciannovesima edizione del SEI ha un titolo evocativo e profondo: “Cerchi nell’acqua”; un omaggio e un ricordo speciale per il cantautore Paolo Benvegnù scomparso lo scorso dicembre.

Concerti, teatro, danza, presentazioni di libri, workshop, organizzati dentro luoghi che essi stessi sono delle quinte naturali: Lecce, Corigliano d’Otranto, Melpignano, Specchia e Otranto. Per scoprire quello che il SEI ha in serbo fino al 24 agosto si può visitare il sito dello stesso o quello di CoolClub, nonché i rispettivi canali social, ovviamente.

Noi di Leccecronaca.it eravamo presenti in un paio di occasioni assistendo a quattro concerti straordinari, come è nostro solito ve ne diamo conto attraverso la visione e l’ascolto dello scrivente (le foto sono di Corrado Iorfida).

Specchia, giovedì 7 agosto.

In programma c’era il concerto (nella foto di copertina) di The Winstons, una specie di superband (mi sono tornati in mente i Traveling Wilburys, supergruppo musicale attivo negli Ottanta composto da: Bob DylanGeorge HarrisonJeff Linne e Roy Orbison), in realtà un power-trio italiano celato dietro pseudonimi che richiamano atmosfere quentin-tarantiniane: Enro Winston, Rob Winston e Linnon Winston.

Tre fratelli di cuore si potrebbe dire: nell’ordine Enrico Gabrielli, polistrumentista e compositore (già con band come Mariposa e Calibro 35,poi tanto altro); Roberto Dell’Era, cantautore e polistrumentista (già bassista degli Afterhours); Lino Gitto, poliedrico batterista e non solo. The Winstons è il “luogo rifugio” dei tre musicisti, spogliate le vesti di alt-rockers, vestono quelle di musicisti jazz-rock immergendosi nelle acque più tranquille e confidenziali del Canterbury-sound, rievocando bellissime suggestioni (Caravan, Soft-Machine, Robert Wyatt) e sfiorandone altre, di respiro più melodico, allo stesso modo evocative (Genesis, Pink Floyd).

Prima dei Winstons si sarebbero esibiti gli A Morte L’Amore, la band tarantina che aspettavo di ascoltare dal vivo, forse con più curiosità.

Teatro degli eventi è stato il cinquecentesco Palazzo Risolo. Nel suo cuore, una splendida corte allestita con un piccolo palco; un pubblico prima esiguo poi via via più numeroso, si è sistemato in attesa della musica che intorno alle ventidue si è materializzata attraverso le canzoni degli A Morte L’Amore. Un altro power-trio che si muove su territori quasi antagonisti a quelli dei Winstons: una miscela esplosiva lo-fi, indie e post-rock, una personalità graffiante e un mood che penetra fino alle ossa.

Giuseppe Damicis (voce e chitarra), Simone Prudenzano (batteria), Mauro Capogrosso (basso), hanno incendiato gli astanti con un live-set lungo quanto un concerto, hanno incantato per certi rimandi ad altre band (mai troppo ricordate) e la scelta coraggiosa di cantare in italiano dentro un adorabile inferno di suoni. Musicisti sull’orlo di un intrigante trabocco poetico, a quando un tuffo nello shoegaze?

Il tempo vola, polverizzato da brani che si fanno amare subito anche se ascoltati per la prima volta.

L’atmosfera si placa quando i tre musicisti cedono le armi ai tre successivi. Gli strumenti sul palco sono più scarni, la batteria si fa essenziale, un organo Farfisa sopravvissuto in qualche modo compare timidamente in un angolo, una birra sorseggiata piano e un po’ di amici sopraggiunti ridisegnano la scena. Quando Enrico Gabrielli inizia a toccare i tasti del Farfisa e la batteria di Lino Gitto stende il tappeto al basso di Roberto Dell’Era, in molti tra i presenti hanno avuto un tuffo al cuore.

Tutto il progressive represso per anni è esploso, personalmente era dai tempi della PFM (versione con Mauro Pagani e Bernardo Lanzetti) e del Banco Del Mutuo Soccorso che non assistevo a performance così coinvolgenti con “pezzi” lunghi capaci di togliere il fiato. I tre Winstons, eclettici, brillanti, divertenti (e divertiti) hanno incantato per la classe e il sentimento con cui hanno eseguito i brani.

Nel finale un omaggio ai Genesis di “The lamb lies down on brodway”: la versione molto personale della band di “Carpet Crowler”, omaggio sentito anche da chi pur bazzicando da molto tempo altri generi, un pezzo di cuore al prog non l’ha mai lesinato.

Corigliano d’Otranto, sabato 9 agosto.

Il “Castello Volante” di Corigliano è una splendida struttura architettonica del cinquecento che non smette di stupire per le iniziative culturali che ospita durante tutto l’anno. Tra le tante, sabato 9 agosto il doppio appuntamento nel fossato ha ospitato il concerto degli Offlaga Disco Pax e quello del Cigno.

Arrivato a concerto del Cigno iniziato (perso nel labirinto di strade che circondano il castello alla disperata ricerca di un parcheggio) mi sono ritrovato, una delle poche volte, tra un pubblico di fans duri e puri: gli Offlaga sono così, o si amano o si odiano.

Ma andiamo per gradi, sul palco va in scena uno spettacolo coinvolgente, sette musicisti che sono di più, dei veri performer. Diego Cignitti alter ego di Cigno, è un musicista sopra le righe, figura dalle molte sfaccettature, chitarrista e producer con all’attivo tre album, l’ultimo “Buonanotte Berlinguer” girava ancora nel lettore della mia auto intorno alle due e trenta del nuovo giorno di ritorno dal concerto.

Cignitti è figura istrionica, animale da palcoscenico irrefrenabile (se dovessi fare un paragone, inevitabilmente direi Frank Zappa); sul palco era tutto un rituale tra sacro e profano, tra rock e altro-rock, tra il recupero di valori e simboli del proletariato e una impietosa analisi della società. Spettacolo per gli occhi e la mente. Incanto è il termine più adatto a quello che almeno in quattrocento abbiamo vissuto e conservato per memorie e riflessioni prossime future.

In un quarto d’ora il palco viene svuotato degli strumenti del Cigno e rifornito di quelli per Offlaga Disco Pax. La band di Reggio Emilia è in tour con una serie di concerti dedicati al ventennale della pubblicazione del loro primo album “Socialismo tascabile (prove tecniche di trasmissione)”. Max Collini (voce) e Daniele Carretti (chitarra e basso) dopo lo stop nel 2014 a causa della prematura scomparsa del terzo Offlaga Enrico Fontanelli (tastiere), da poco hanno ripreso in mano le sorti della band chiedendo supporto all’ottimo Mattia Ferrarini (basso e tastiere) che nel concerto di Corigliano è stato impeccabile. Elettronica minimale, post-punk, testi narrati (si lascino perdere i Massimo Volume, forse con più carisma ma meno ficcanti), ironia tagliente e amarcord storico-esistenziale. Nella sua quasi timidezza e nel suo essere perfettino nell’aggiustare i fogli con i testi delle canzoni di volta in volta sul leggio, Colllini ci rimanda indietro un pezzo di noi stessi, specchio di esistenze vissute allo medesima intensità, con lo stesso, sacrale aplomb con cui Pier Vittorio Tondelli indorava i suoi “Altri libertini”.

“Socialismo tascabile” è volato via come un fulmine, Il pubblico ha cantato per tutto il tempo ogni canzone: “Kappler,”Enver,” “Cinnamon”, “Tono metallico standard”, “Tatranky”, Roberspierre”, “Piccola Pietroburgo”, “De fonseca”. A un certo punto per qualche attimo, l’incipit di “Atmosphere” dei Joy Division si è materializzato nell’aria, sembrava che Collini stesse trasmutando in Ian Curtis, quando il suono si ferma e lui pronuncia solo due parole: “grazie Enrico” (il riferimento è a Enrico Fontanelli n.d.r.). Nel finale un omaggio ai CCCP che furono con una versione stralunata di “Allarme”.

A concerto finito è poco più dell’una di notte, esco dal castello e mi rendo conto di non ricordare dove ho parcheggiato. Ci ho messo un po’ (almeno un ventina di minuti), poi ho ritrovato la macchina su una stradina intorno alla quale ero passato almeno tre volte. Poi come detto, ho inserito il cd del cigno nel lettore e sono tornato a casa.

p.s. dal vivo, la musica del Cigno rende di più che su disco.

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Category: Cultura, Eventi

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