IL CASO / LA TRAPPOLA DELLA ROTATORIA DI SOLETO, CHE LA NOTTE DELLA MORTE DI MICHELE PINTO ERA AL BUIO. LE SEGNALAZIONI PRECEDENTI, LE OMISSIONI, LE ARCHIVIAZIONI. LA FAMIGLIA LOTTA PER UNA VERITA’ CHE NON HA TROVATO

| 22 Agosto 2025 | 0 Comments

di Francesca Pinto __________

C’è un punto preciso sulla strada provinciale Soleto – Galatina che, per anni, ha rappresentato un pericolo annunciato e percorso: una rotatoria ampia, priva di segnaletica visibile in condizioni di buio, con pali della luce presenti ma spenti, lasciata in condizioni di totale oscurità fino a pochi giorni prima dell’udienza che avrebbe potuto cambiare il destino di questa storia.

Michele Pinto, avrebbe compiuto 38 anni due giorni dopo quella notte del 7 settembre 2021. Percorreva quel tratto in sella al suo scooter, diretto a casa dopo una serata sportiva.

Era una sera qualsiasi, di quelle che non dovrebbero lasciare ferite permanenti nel cuore di una famiglia.

E invece Michele muore in ambulanza, pochi metri prima dell’ingresso in ospedale. Morire per un errore umano è tragico, ma morire per un’assenza – per una luce mai accesa, per un controllo mai eseguito, per una segnalazione ignorata – è qualcosa che supera la soglia della sopportazione.

Eppure, nonostante tutto, questa morte è stata archiviata. Anzi: è stata attribuita a lui stesso. Michele Pinto, secondo alcune ricostruzioni emerse in udienza, “avrebbe potuto frenare”, “forse ha avuto un malore”, “magari guidava a occhi chiusi”. A nulla sono valse le analisi tossicologiche negative. A nulla la perizia medico-legale che ha escluso traumi compatibili con un impatto a velocità sostenuta. A nulla la relazione dell’ingegnere di parte che ha dimostrato, con calcoli e simulazioni, che con un’illuminazione attiva Michele Pinto avrebbe visto la rotatoria da oltre 150 metri e avrebbe potuto evitare l’impatto.

Ma il dettaglio più scandaloso è che, sei mesi prima dell’incidente, circolavano mail interne tra funzionari provinciali che segnalavano il malfunzionamento dell’impianto in quel tratto, senza che nessuno intervenisse. Nessuno ha verificato, nessuno ha preteso l’intervento. Nessuno ha risolto. E quando finalmente la luce è tornata a illuminare quel tratto di strada – ben due anni dopo, proprio due giorni prima dell’udienza per opposizione all’archiviazione – è stato come se qualcuno avesse acceso un riflettore sull’ipocrisia.

Oggi quel tratto è visibile a centinaia di metri di distanza, chiaro e sicuro. Ma per anni è stato detto, con convinzione, che quella rotatoria “non necessitava illuminazione”. È stata la frase più ricorrente, più offensiva, più disonesta, eppure è rimasta lì, in atti, senza che nessuno arrossisse. E allora ci si chiede: se quella luce era inutile, perché accenderla solo adesso? Perché fare ciò che non si è voluto fare prima, quando avrebbe salvato una vita? Perché sono bastati due giorni per fare quello che si è evitato per anni?

L’archiviazione di questo caso non è solo un’offesa alla memoria di Michele Pinto, ma è un segnale pericoloso lanciato a chiunque percorra le nostre strade: se muori in un punto critico già segnalato, se ti scontri con l’inefficienza della macchina pubblica, la colpa sarà comunque tua. Ma qui il torto negato è agghiacciante: c’erano prove, documenti, analisi, testimonianze, indicazioni di responsabilità precise. E tutto è stato ignorato. L’impianto di illuminazione era spento. Le prove lo dicono. I video lo mostrano. I carabinieri lo hanno scritto nei loro verbali.

Eppure, l’ingegnere della Procura ha ritenuto che “non fosse necessario”. La giustizia ha archiviato. Nessuno è colpevole. Michele Pinto è morto da solo, per una strada maledetta, per un’ombra che si sarebbe potuta rischiarare con un semplice interruttore. In questa storia non ci sono errori. Ci sono omissioni. Omissioni che pesano come condanne. Omissioni che parlano di una giustizia cieca, sorda, che si rifugia nella burocrazia per evitare il confronto con la verità. Finché questa storia resta chiusa in un fascicolo archiviato, nessuno è al sicuro. Finché si potrà ignorare una segnalazione documentata, nessuno potrà davvero fidarsi. Non si chiede vendetta. Si chiede responsabilità. Ma forse è davvero troppo, per un sistema che non ha neanche provato a cercarla.

Category: Costume e società, Cronaca

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