DAL LIBRO “Viera. Ricette e proverbi romagnoli” DI PAOLA MATTIOLI

| 22 Settembre 2025 | 0 Comments

di Cristina Pipoli ____________

Era anche qualche fetta di formaggio a riunire le persone intorno al tavolo soprattutto sulle tavole di chi non era benestante. Non si dimentica Paola del lavoro dei contadini i quali avevano l’usanza di arrostire i resti del pranzo: questo gesto veniva fatto soprattutto nei giorni di festa quando rimanevano più avanzi.

In Romagna si usano le mostarde sin dai tempi della denominazione veneziana. Ancora oggi esistono strade come “Via Cairoli” su cui ci sono antichi palazzi con i classici balconcini veneziani.

Mostarda con le mele, ingredienti 1 kg di mele, 3 etti di zucchero, 3 limoni, qualche goccia di essenza di senape. Sbucciare le mele con cura e affettarle. Tagliare un limone a tocchetti, spremere gli altri due e coprire le mele con il sugo dei limoni. Fare riposare tutto per ventiquattro ore, poi scolare il succo, metterlo in un pentolino e farlo bollire per una mezz’oretta e poi versarlo sulle mele.

Ripetere la procedura per tre giorni.

Il terzo giorno prendere una padella, mettere la frutta e lo sciroppo per caramellare. Quando il composto è freddo, unire la senape e preparare i vasi. Perfetto l’abbinamento con il vino rosso Sangiovese di Romagna.

Le mostarde si possono fare anche con le pere. Pane comune in forno a legna 500 gr di farina 0, 330 ml di acqua, 1 cubetto di lievito di birra, 1 presina di sale. Si prende un pezzettino di lievito di birra, viene sciolto nell’acqua tiepida e poi messo nella farina, all’impasto ottenuto si aggiunge una presina di sale e lo si lavora con le mani fino ad ottenere una palla schiacciata, sopra si incide la croce e la si mette a riposare, coperta da uno strofinaccio in un posto caldo. Giunta a termine dopo qualche ora la lievitazione, si mette l’impasto nel forno e dopo circa mezz’ora, quando quell’odore delizioso ha inondato tutta la casa, il pane è pronto per essere gustato. Anticamente, al posto del lievito di birra, si usava il lievito madre che in romagnolo si dice “bco”, bocconcino.

Se in casa non c’era il forno l’impasto veniva fatto cuocere in panificio. Ma prima vi si imprimeva un piccolo marchio perché il pane di famiglia non fosse confuso con quello degli alltri. Per fare i timbri venivano utilizzati i timbri di metallo che sull’impasto imorimevano le iniziali del capofamiglia. La farina si sceglieva con e “burat”n(il buratto), un mobile con inserita una manovella. Girando il buratto, si selezionavano tre tipi di farina. Quella fine chiamata “e fior”, era l’unica usata per fare il pane nelle case deiricchi. Poi c’è la crusca vera e propria e la crusca più minuta (detto cruschello) usata dai contadini. Il pane conservato nella madia durava una settimana e solitamente si faceva il sabato utilizzando il lievito madre del precedente: non doveva mai stare a pancia in sotto e per non attirarsi qualche maledizione non bisognava buttare via neanche le briciole. In caso contrario era come aver dato un calcio alla provvidenza.

Quando c’era il pane in tavola era grande festa. Proverbio romagnolo “E’ mej di cundiment l’è la fam” (Il condimento migliore è la fame).

Frittata di cipolle, ingredienti: gr 100 di cipolle bianche e grosse, 2 cucchiai di pan grattato, 1 cucchiaio di olio, 3 uova, 1 pizzico di sale. Procedimento: tagliate le cipolle a costole,  lunghe mezzo dito e gettatele nell’acqua fresca per lasciarvele almeno un’ora. Asciugatele bene in un canovaccio, prima di buttarle in padella con olio, quando cominciano a prendere colore salatele e versate le uova. Controllate che la frittata non diventi troppo scura per la cottura. Perfetto l’abbinamento al vino bianco Trebbiano di Romagna.

La frittata è un piatto romagnolo , consumata quotidianamente dai contadini, si dice composta perché è fatta con le cipolle e non è la semplice frittata solo con le uova, poi abbiamo quelle delicate fatte con asparagi, zucchine e piselli o più saporite con funghi, carciofi e fior di zucca. Proverbio romagnolo “Par adver’ se è pes le fresch..u bsogna guardè a loc…” (per vedere se il pesce è fresco bisogna guardare l’occhio).

Casatella Romagnola: è prodotta in tutta la Romagna, si chiama Casatella perché è un formaggio casalingo, viene fatto dalle famiglie contadine, è un formaggio fresco a pasta molle prodotto con latte vaccino intero di colore bianco avorio, ha un sapore dolce acidulo, è di forma tonda è quello più stagionato ha una crosta color giallo. È buonissimo accompagnato con le pere. Perfetto l’abbinamento con il vino autoctono di Romagna Burson.

Raviggiolo Delle Valli il Raviggiolo è un formaggio molle e fresco di latte vaccino e a volte ovicaprino. La sua preparazione avviene da ottobre fino a marzo, si consuma dopo pochi giorni dalla produzione. La forma è rotonda, il colore è bianco latte, con un sapore molto delicato, quasi un po’ burroso. Perfetto l’abbinamento con il vino autoctono di Romagna Burson.

Ricotta mista o di mucca e pecora, è fatta con l’aggiunta di latte vaccino romagnolo e sale di Cervia coagulato con acqua termale, ed è più calorica. È un latticino tenero e gustoso, fresco, costituisce uno dei più classici ripieni per i tortelli, qualche volta con altri ingredienti finisce dentro ai cappelletti. Insieme con erbe, uova. Ottima anche spianata sul pane croccante , squisita se usata in pasticceria. È adatta anche con il miele e le confetture. La ricotta di mucca è ottenuta dal latte di vacca unita all’acqua di origine termale ricca di sali minerali, tipica nelle zone romagnole. Nasce in Romagna e la produzione avviene in modo artigianale, anche l’estrazione viene fatta manualmente. È una ricotta più leggera e un po’ meno saporita. In cucina si usano indiferentemente. Perfetta con il vino autoctono di Romagna Burson.

Category: Cultura

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