L’INTERVENTO / COL ROMANZO “L’ultimo segreto”, IL RITORNO DI DAN BROWN
di Stefano Donno _____________
C’è un rassicurante senso di familiarità nel tornare a seguire Robert Langdon tra le pagine di un nuovo romanzo. È come ritrovare un vecchio amico, sempre impeccabile nel suo tweed, sempre pronto a decifrare un enigma che potrebbe far crollare le fondamenta del mondo come lo conosciamo.
Con “L’ultimo segreto”, edito da Rizzoli, Dan Brown non tradisce le aspettative e orchestra un thriller ad alta tensione che, pur muovendosi su binari collaudati, riesce ancora una volta a incollare il lettore alla pagina, lasciandolo con il fiato sospeso e la mente in subbuglio. Fin dalle prime pagine, ci ritroviamo catapultati nel cuore pulsante dell’azione.
Il professore di simbologia di Harvard viene convocato a Firenze, culla del Rinascimento, da una richiesta d’aiuto tanto criptica quanto disperata. Questa volta, il mistero non affonda le sue radici solo nella storia dell’arte (dei beni librari e architettonici) e della simbologia , ma si proietta con violenza nel futuro. L’architrave della trama poggia su una scoperta scientifica rivoluzionaria. Se nei suoi lavori precedenti Brown aveva esplorato la dicotomia tra fede e storia, in “L’ultimo segreto” il conflitto si sposta su un piano ancora più vertiginoso.
Dimenticate dunque le luminose cupole di Roma e le eleganti avenute di Parigi. Questa volta, l’oscurità chiama Robert Langdon nel suo epicentro, nel cuore alchemico d’Europa: Praga. Una città che non è semplicemente uno sfondo, ma un’entità viva, le cui guglie gotiche graffiano un cielo gravido di segreti e i cui ponti sono sentieri sospesi su secoli di sussurri esoterici. In questo labirinto di pietra e leggenda, ritroviamo Langdon non più solo, ma legato a Katherine Solomon, la brillante studiosa di noetica le cui teorie sfidano i confini stessi della coscienza umana. Un legame che si rivela subito per quello che è: un punto debole, un’esca.
Katherine è a Praga per svelare al mondo le sue rivoluzionarie scoperte, ma il palcoscenico della sua conferenza si trasforma in un altare sacrificale. Il sipario cala bruscamente, e lei svanisce nel nulla, inghiottita da un’ombra che si muove tra le pieghe della realtà.
Per Langdon, è l’inizio di una vertigine. Non c’è tempo per il lutto, solo per la caccia. Viene scaraventato in un vortice letale dove i confini tra scienza eretica, dogmi religiosi e cospirazioni politiche si dissolvono come nebbia sulla Moldava. A orchestrare la discesa agli inferi è un’organizzazione fantasma, una setta il cui unico, terrificante obiettivo è cancellare dalla storia il manoscritto di Katherine: un testo proibito, una chiave in grado di scardinare le porte della mente e liberare un potenziale che il mondo non è pronto a conoscere.
Un Respiro Affannoso Fino all’Ultima Pagina
La firma di Brown è impressa a fuoco in ogni capitolo. Il ritmo non è una narrazione, è un elettrocardiogramma impazzito. Capitoli brevi come un respiro affannoso, cliffhanger che affondano le loro lame nella curiosità del lettore, costringendolo a voltare pagina con la frenesia di chi sa di essere braccato. La clessidra scorre inesorabile: meno di ventiquattro ore per decifrare sigilli arcani, attraversare un’Europa spettrale e strappare la verità dalle mani di chi vuole seppellirla per sempre. È una formula che conosciamo, un rituale narrativo a cui siamo stati iniziati da tempo. Eppure, come un antico incantesimo, continua a esercitare il suo oscuro fascino, intrappolandoci in una spirale di tensione da cui è impossibile fuggire.
Echi dal Passato: Il Fascino e il Limite del Déjà-vu
A rendere questo viaggio memorabile è senza dubbio lei, Praga. La città è la vera protagonista, un dedalo di vicoli medievali che trasudano alchimia, cattedrali che sembrano costruite per custodire complotti millenari.
L’immaginario che evoca è meno battuto, più inquietante, un terreno fertile per le ossessioni di Brown, lontano dallo sfarzo di altre capitali e più vicino all’anima nera del Vecchio Continente. Tuttavia, è proprio qui che l’eco del passato si fa più forte, forse troppo. La sensazione di déjà-vu è un’ombra che tallona il lettore più smaliziato. Le maschere tornano a indossare volti familiari: l’accademico geniale e tormentato, l’eroina coraggiosa depositaria di un sapere sconvolgente, l’antagonista invisibile che tesse la sua tela da un luogo imperscrutabile. Il meccanismo è oliato alla perfezione, ma la sua prevedibilità rischia di trasformare il brivido della scoperta in un semplice, seppur magistrale, esercizio di stile.
La domanda, allora, sorge spontanea: stiamo assistendo all’ennesima, brillante replica di un rito conosciuto, o abbiamo ancora il coraggio di guardare nell’abisso, sperando di trovarvi qualcosa di veramente nuovo?
“L’ultimo segreto” è Dan Brown al suo meglio. È un thriller erudito, un page-turner inarrestabile che conferma il suo autore come uno dei più grandi architetti di suspense contemporanei. I puristi del genere potrebbero storcere il naso di fronte a dialoghi a tratti didascalici o a colpi di scena non sempre imprevedibili, ma sarebbe un errore fermarsi alla superficie.
Il romanzo funziona perché tocca corde profonde, paure e speranze ancestrali, vestendole con l’abito scintillante dell’avventura. È un invito a interrogarci sui limiti della conoscenza, e della coscienza e sulle responsabilità che ne derivano.
I fan di Robert Langdon troveranno pane per i loro denti, mentre i nuovi lettori scopriranno una macchina narrativa oliata alla perfezione. “L’ultimo segreto” non è solo la soluzione a un enigma secolare, ma l’inizio di una domanda inquietante che continuerà a risuonare nella mente del lettore molto tempo dopo aver chiuso l’ultima pagina. Un ritorno in grande stile.




























Veramente il romanzo si svolge a Praga e lì viene rapita la compagna di Longdon. C’è anche il Golem…