DA UN SMS ALLA CADUTA DI UN IMPERO: NUOVI RETROSCENA SUL MAXI BLITZ DEI CARABINIERI CHE ALL’ALBA DI IERI HA SCOPERCHIATO IL SISTEMA MAFIOSO CONSOLIDATO NEL BASSO SALENTO

| 22 Ottobre 2025 | 0 Comments

di Flora Fina _____________

Tutto è cominciato da un messaggio, poche parole scritte di fretta sullo schermo di un telefono: “Mi hanno fermato e sequestrato tutto”. Era il 2020.

Nessuno poteva immaginare che quell’sms, apparentemente marginale, avrebbe fatto tremare un’intera rete criminale, dando origine a una delle indagini più vaste e complesse degli ultimi anni in Puglia. È da quella comunicazione, intercettata dagli inquirenti, che ha preso forma l’operazione “Fenice Neretina”, il colpo più duro inferto alla criminalità organizzata del basso Salento, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale. All’alba di ieri, l’inchiesta è sfociata in 19 arresti, tra cui sette in carcere e nove ai domiciliari, su un totale di 51 persone indagate.

Dietro quella frase secca e disperata si celava molto più di un arresto isolato: era la spia di un impero del narcotraffico strutturato, violento e radicato nel tessuto sociale di Nardò e dei comuni limitrofi: Gallipoli, Galatone, Sannicola e Seclì. Il gruppo, guidato da Antonio Duma con il sostegno di Felice Inno, Luca Elio My e Alberto Simone, secondo le accuse gestiva un traffico di droga milionario con modalità tipicamente mafiose, imponendo la propria supremazia con pestaggi, minacce e intimidazioni.

La svolta nelle indagini è arrivata nel marzo del 2021, quando un altro messaggio — inviato da Alina Stamate, fermata con alcune dosi di cocaina — ha permesso di collegare direttamente la manovalanza al vertice del clan. Da quel momento, gli investigatori hanno iniziato a decifrare un linguaggio in codice accuratamente costruito: “birra”, “pane fatto in casa”, “scarpe nuove” erano espressioni usate per indicare la droga o i quantitativi da smerciare. Le comunicazioni avvenivano su canali cifrati come WhatsApp e Telegram, segno di un’organizzazione consapevole e tecnologicamente aggiornata, capace di adattarsi ai tempi e di rendere invisibile il proprio operato.

Una figura chiave era Ilaria De Razza, compagna di Duma, descritta dagli investigatori come la “centralinista” del gruppo. Gestiva gli appuntamenti, le consegne, i contatti e le precauzioni, una sorta di filtro tra il capo e il resto dell’organizzazione. Le donne, in questo sistema, non erano comparse: partecipavano attivamente alle operazioni di consegna, stoccaggio e copertura, arrivando perfino a coinvolgere i propri figli minori come scudo familiare durante gli spostamenti.

Il quadro emerso è di una brutalità inquietante. Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno svelato minacce degne della peggior criminalità organizzata: “Ti taglio la testa, ti brucio la macchina, ti faccio sparire”. E non erano parole al vento. Nel dicembre 2021 un uomo fu picchiato selvaggiamente da My e Simone, riportando lesioni permanenti. Tre mesi dopo, nel cuore di Nardò, una rapina a mano armata finì con colpi d’arma da fuoco sparati contro un’auto, segno tangibile di un potere che ormai agiva alla luce del sole.

Il blitz di ieri ha visto impegnati oltre 120 militari, supportati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Puglia, dal Nucleo Cinofili di Modugno e dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese. Le perquisizioni, scattate contemporaneamente in più comuni, hanno portato al sequestro di armi, cellulari criptati e oltre cinque chili di droga tra cocaina, hashish ed eroina, pronti a inondare le piazze del Salento.

L’operazione, battezzata “Fenice Neretina”, non è solo una retata di spacciatori: è la prova di come la criminalità locale sia riuscita negli anni a rinascere dalle proprie ceneri, mutando forma ma non sostanza. Come la fenice, il clan neretino si era ricostruito dopo ogni arresto, dopo ogni sequestro, sfruttando la paura e il silenzio di una comunità che troppo spesso preferisce non vedere.

E proprio qui sta la riflessione più amara: in un territorio ancora segnato da omertà e connivenze, non bastano i blitz per estirpare le radici del malaffare. Servono coraggio civile, fiducia nelle istituzioni e una risposta sociale capace di colmare il vuoto che la mafia riempie con il denaro e con la violenza.

Oggi, intanto, gli indagati — che restano, come impone la legge, presunti innocenti fino a sentenza definitiva — saranno ascoltati dal gip Verderosa per le udienze di convalida. Ma al di là dei destini giudiziari dei singoli, resta l’eco di quella frase scritta in fretta su un telefono: “Mi hanno fermato e sequestrato tutto”. Parole che, nella loro drammatica semplicità, hanno messo in moto un domino che ha fatto cadere un intero sistema.

Nel Salento, la fenice mafiosa non è risorta. È bruciata sotto il peso di un’indagine che ha svelato non solo i volti del potere criminale, ma anche le fragilità di un territorio che non può più permettersi di tacere. _______________

LA RICERCA nei nostri articoli di ieri

Category: Cronaca

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