E’ POSSIBILE UNA RIPARTENZA DEL CENTRO DESTRA? Nuove segnalazioni dei nostri lettori e il contributo di Maurizio Ancora

| 8 Ottobre 2012 | 1 Comment

Dopo le dichiarazioni del responsabile provinciale del Pdl Roberto Tundo e del consigliere regionale Saverio Congedo, da noi riprese come tutte quelle di rilevante attualità, da qualunque parte provengano, purché, appunto, politicamente significative, lunedì scorso un articolo di Mario Bozzi Sentieri – “E’ possibile una ripartenza del centro – destra?” – con relativo nostro commento – ha aperto qui su leccecronaca.it un vero e proprio dibattito, seguito – ed è stata per noi una sorpresa – con interesse e partecipazione da molti dei nostri lettori.

Abbiamo ricevuto e pubblicato mercoledì il contributo del coordinatore regionale dell’associazione culturale “Destra di Base” Adriano Napoli.

Pubblichiamo qui di seguito alcune segnalazioni giunteci nel frattempo da più parti. Eccole:

A Roma, Veneziani domenica ha chiamato a raccolta sulle rotte di Itaca;

 

il Cesi (il Centro Studi di orientamento presidenzialista-corporativo, animato da Gaetano Rasi) si sta preparando a lanciare un ‘Manifesto agli italiani’;

 

il centro studi Polaris, coordinato da Gabriele Adinolfi, sta sviluppando una radicale opera di

critica (con le opportune contromisure) all’attuale modello di sviluppo;

 

i sindaci del Centrodestra hanno diffuso il loro documento/manifesto (‘L’Italia

chiamò’), molto concreto e puntuale.

 

Insomma, mentre la politica-politicante continua a giocare con le sigle e gli apparati

c’è chi tenta di lavorare sui ‘fondamentali’ che contano, i valori, le idee, i programmi, gli uomini e le donne di buona volontà.

Come diceva l’indimenticabile Ezra: ‘Credo quia absurdum’…

***

Intanto, abbiamo ricevuto oggi e volentieri pubblichiamo qui di seguito le considerazioni del responsabile de “La Destra” di Lecce, Maurizio Ancora, che, nel ringraziarlo per l’attenzione, ospitiamo quale ulteriore contributo al nostro dibattito.

 

La Grande Bugia!

di Maurizio Ancora

Sono trascorsi circa vent’anni da quando il Signore del tubo catodico riuscì nell’impresa di vanificare il sicuro successo cui era chiamata la “gioiosa macchina da guerra” capeggiata da Achille Occhetto, ultimo Segretario del Partito Comunista Italiano.

Sono stati anni di forti aspirazioni, di proponimenti roboanti, di una concreta fiducia nella capacità di rinnovamento di un’Italia che, già alla fine dello scorso millennio, appariva vecchia nella sua architettura sociale ed istituzionale.

Dal punto di vista delle alchimie politiche, a destra come a sinistra (per impiegare termini rappresentativi di opposte aree, ma probabilmente non totalmente appropriati), vi è stato un continuo travaglio imposto più da ragioni tattiche, che non da un autentico ripensamento dei contenuti politici e culturali. Gli è che, da un lato, gli ex comunisti si sono uniti agli ex democristiani o, per meglio dire, ad una loro parte preponderante; dall’altro, il “Partito di plastica” incubato tra il gabinetto politico di Publitalia e Mediaset, è riuscito a fondersi con una parte di Alleanza Nazionale, erede di quel Movimento Sociale Italiano, a lungo posto al di fuori del cosiddetto “arco costituzionale”, pur rappresentando parte significativa della società, del cuore pulsante di un’ Italia faber, orgogliosa ed identitaria.

Per il vero, sia la nascita del Partito Democratico, che quella del Popolo delle Libertà, più che ad una vera e propria “fusione” tra partiti o movimenti politici, ha rappresentato, sostanzialmente, una sorta di annessione, un “Anschluss” in chiave italiana e moderna, dettato dalla necessità, degli eredi dei post comunisti, così come dei forzisti, di allargare la base di riferimento ed emanciparsi da un retaggio storico che, per gli uni, li vedeva troppo legati alla falce e martello che, pur essendo stata estromessa dal simbolo di partito, ne portava il retaggio; per gli altri serviva a scrollarsi di dosso l’etichetta di “plastica” e di partito light, agli ordini del Padre fondatore.

Il tempo ha dato modo di considerare come l’ “Anschluss” abbia sostanzialmente diluito, da ambo le parti, le ragioni culturali proprie dei popolari, come degli orfani di Almirante. Alla lunga, infatti, ad una Rosy Bindi perfettamente a proprio agio con i fervori della Turco, han fatto riscontro l’abbandono in salsa iscariota da parte di colui che decretò la fine del MSI prima e di AN poi, seguito da pochi accoliti abbagliati da nuovi approdi, mai per il vero raggiunti. L’altra parte di AN, quella rimasta fedele al nuovo corso segnato da Palazzo Grazioli, ne ha subito i condizionamenti deteriori, tra festini, Suv ed amenità varie.

Senonché oggi, come diciotto anni addietro, ci si ritrova alla vigilia di una tornata elettorale che pare sia destinata a consegnare il Paese alle sinistre. Ecco: la nemesi per l’incapacità di produrre riforme, di dare agli italiani risposte concrete ed efficaci, pare condannare il centrodestra ad una sonora sconfitta al cospetto di una novella “gioiosa macchina da guerra”, ancorché nessuno oggi si azzardi -per scaramanzia- a definirla tale, capace di aggregare consensi più per inettitudine palesata dal campo avverso, che per propria autentica capacità progettuale e di governo; un po’ come se fosse una vittoria a tavolino, decretata per incapacità manifesta del centrodestra a perpetrare il governo del Paese.

E qui risiede l’inganno, la Grande Bugia.

A ben vedere infatti, in tutti questi lunghi anni, ognuno ha inteso lasciar correre sulle definizioni politiche, quasi come se queste fossero da sole in grado di spiegare se stesse, chiuse in una nomenclatura autolegittimante, senza, poi, dar vero rilievo ai contenuti. Una revisione dell’intera azione istituzionale e sociale, così come negli ultimi cinque lustri si è dipanata, a vicende alterne, dovrebbe legittimare ben altra individuazione delle forze politiche che si sono avvicendate, indicando queste nel centrosinistra da un lato e nel centro-liberale dall’altro.

Di tal ché, il fallimento nello scopo di un rinnovamento teso a forgiare il nuovo conio di un’Italia capace divivere il Futuro e di essere essa stessa artefice di un indirizzo da assumere ad esempio in tutta Europa, non può addebitarsi al centrodestra, come mediaticamente e, se vogliamo, supinamente viene accettato.

La destra, in tutto ciò che (non) è stato non c’entra nulla. La destra, quella sociale, quella autentica ed ancorata ai valori che segnarono la nascita del Movimento Sociale Italiano, non ha preso parte alcuna allo sfacelo prodotto dall’inerzia riformatrice e dall’abbassamento della soglia etica imposta nella gestione della cosa pubblica.

Di quale centrodestra dunque si parla nel momento in cui il riferimento è esercitato al Pidielle, ai cristiano democratici, ed alle altre rappresentanze satellitari che consentirono a Berlusconi di galleggiare in esito al famoso 14 dicembre? Non vi è una, dico una, forza di destra che possa legittimare la definizione qui contestata. Non vi è stata una, dico una, scelta politica in linea con quelli che rappresentano i capisaldi degli indirizzi sociali indicati dalla destra, intesa non solo come partito ma, in senso lato, come area culturale e politica. Non le scelte che furono espresse dal governo Berlusconi, non quelle adottate dall’esecutivo Monti, ed avallate dalla coalizione che al Pidielle fa riferimento. In queste non vi è la Destra! Vi sono gli interessi lobbistici, le banche, la finanza, il mondialismo, tutto ciò che è antagonista alla autentica cultura di Destra, per come deve intendersi in maniera parlamentare, e forse non sostanziale.

Ed allora dovrebbe gridarsi forte il rifiuto a rimanere coinvolti -non solo a livello lessicale e terminologico- nel fallimento dell’epopea berlusconiana, negli errori conclamati e meritoriamente ammessi, e dire in maniera chiara che il centrodestra non c’entra nulla con gli ultimi anni di vita politica italiana, alternatasi tra centrosinistra e centro-liberale.

Lasciamo stare la destra e, magari, pensiamo a questa come autentica risorsa per iniziare a scrivere la storia futura. Magari insieme a ciò che rimane dell’esperienza post berlusconiana, posto che ci si intenda sul da farsi. Ma le avvisaglie sono tutt’altro che incoraggianti, poiché autorevoli esponenti del PdL pare invochino un governo che riesca a raccogliere l’eredità lasciata da Monti. Ecco, Signori: non è questa la destra!

di Maurizio Ancora

Category: Costume e società

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Comments (1)

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  1. luigi de giorgi ha detto:

    Tundo? e chi è Tundo? Sarà percaso quel politico fallito di melissano che è stato uno dei maggiori artefici dello sfacelo di An a livello regionale?
    Quello della destra sociale che è stato commissariato da Congedo?
    Quel verme solitario attaccato alla pancia di Alemanno ?
    Se è lui….farebbe bene a tacere e a farsi almeno 10 anni di solitaria meditazione e di estrema vergogna per aver rovinato tanti bravi ragazzi prendendoli per culo per anni , assieme a quella iena del suo degno compare Stammera!!!!!

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