Un altro racconto della nostra amica salentina – ERICA ZINGAROPOLI/LA SUA AFRICA -”Le donne di Rubaga”

| 7 Aprile 2014 | 0 Comments

Il bus è arrivato un po’ in anticipo, è ancora buia l’Uganda, c’è la luna splendente, come fosse notte fonda, ma manca appena un’ora alle 6. Abbiamo fermato un Boda (i ragazzi fanno i tassisti con vecchie motociclette), gli ho spiegato che cerco un posto dove fare colazione, un posto qualsiasi. Mi ha guardato come se gli avessi chiesto di portarmi giù la luna. Un posto qualsiasi. Dopo dieci minuti di tragitto siamo arrivati su una collinetta. C’è un piccolo negozio di circa due metri quadrati. Volto lo sguardo e noto una donna poco meno trentenne, ritta in piedi, con un bambino tra le braccia che le allatta al seno. Le sorrido, mi risponde, mi avvicino a lei, tenendo lo sguardo sul neonato. Con un colpo di tosse si schiarisce la voce, pronta a rispondere a una mia qualsiasi domanda. Le chiedo se fosse possibile bere qualcosa di caldo, ha guardato me, poi si volta verso Stephen, con cenno col capo ci chiede di seguirla. La strada non asfaltata e infarinata di cemento finisce su un piccolo chiosco in legno e mattoni. Un uomo cuoce i chapati (piadine fatte con farina, acqua e sale, sfogliate a mano) il fuoco è acceso, li vende a 20 scellini l’uno. Ne prendiamo un paio e del tè bollente, Chai, fatto col latte appena munto. Jennifer ci precede lungo la strada del ritorno, il bambino, sazio e ghiotto, dorme legato sulla sua schiena, la ringraziamo mentre lei si ferma prima di noi dando le spalle un corridoio largo due metri e lungo poco più. Sui fili per stendere i panni notiamo centinaia di lunghissime palline di mille colori che scendono giù penzoloni. Luccicanti come zucchero caramellato di canna e bianco, colorato e grezzo. Io e Steven ci guardiamo e senza dire nulla ci avviciniamo ai confetti. Erano collane. Jennifer ci resta accanto con le mani dietro la schiena e ci sussurra “le faccio io”. Il cielo è già celeste, i bambini con gli zaini in spalla o le buste della spesa per contenere i libri iniziano a lasciare le case, dal corridoio di collanine, altre donne escono dalle porte in legno marcito e forato dalle termiti. A una a una, a turno, si dirigono verso il bagno Comune innalzato su due colonne di mattoni e chiuso con un pareo sbiadito dal sole e ammuffito dai continui schizzi d’acqua. Ognuna di loro ha un neonato. È così che abbiamo conosciuto le donne di Rubaga. Sono in dieci, arrotolano la carta riciclata attorno ad aghi da cucito e la bloccano con della colla, la verniciano colorandola con materiali per macchine. Fanno asciugare le perline e poi le infilano in cordoncini robusti e trasparenti usati dai pescatori. Da lì inizia la mia storia con “WithLov WomenMake”. La cooperazione con donne in Uganda e Kenya che creano oggetti e accessori utilizzano materiali riciclati o non riutilizzabili. Tutti i manufatti sono sulla pagina facebook “WithLov WomenMake”. La vendita dei materiali artigianali dà a queste donne lavoro e vita. Grazie alle donne dalle collane in carta ho scoperto il mondo dell’artigianato in Africa. La forza, l’abilità nel creare oggetti dal nulla e con il solo utilizzo delle mani. La fantasia, il sorriso, la forza, la voglia di sopravvivere, di non mollare. E per casualità o destino, desiderio e amore mi sono addentrata, ancora una volta, come la prima volta, in villaggi, ho domandato, ho osservato e ho conosciuto gruppi di donne in Kenya che lavorano tessuti e legno. Un lungo cammino, viaggi interminabili, notti trascorse a dormire sui bus e mangiare per strada. Ma questa è un’altra storia…

Erica Zingaropoli

 

Category: Costume e società

About the Author ()

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Connect with Facebook

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.