La protesta degli studenti di questa mattina/ IL LORO CANTO LIBERO. E INCAZZATO

| 10 Ottobre 2014 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo________________

Anche a Lecce questa mattina si è tenuto una manifestazione di protesta (con lo slogan azzecatissimo”Cogito ergo protesto”) degli studenti medi, come in tante altre città d’Italia, indetta dalle loro rete di coordinamento, cui si sono uniti gli universitari dell’Unione,e, udite  udite, ricercatori e insegnanti. Erano, secondo loro, tremila, in realtà un migliaio, circa la metà quelli che hanno deciso di tenere un’assemblea simultanea nei pressi della rotatoria della superstrada per Brindisi, con conseguente blocco del traffico e relative scene di straordinaria follia degli automobilisti di passaggio, con tutto un repertorio su cui è meglio stendere quel pietoso velo, anche perché è facilmente da ognuno immaginabile.

Ma i numeri del resto contano relativamente poco. Contano le ragioni e la qualità della protesta. Vale la pena di cercare di capirle e di rifletterci un momento, invece di abbandonarsi ai luoghi comuni, con cui i Leccesi questa mattina hanno per lo più accolto quanto avveniva.

Certo, siamo alle solite, ogni anno di questi tempi, sembra un rituale quasi istituzionalizzato del calendario scolastico. Eppure questa volta non è come le altre. Mai come in questi ultimi anni, dei vari governi che si sono succeduti, mai come in questi ultimi mesi, del governo Renzi, è in corso un vero e proprio processo di marginalizzazione dei giovani, ai quali viene riservato un futuro di precariato e di subalternità, ai quali anzi viene negato il futuro da protagonista cui ogni giovane generazione ha diritto, almeno di provarci. Hanno tolto loro pure la speranza.

Studiano per rimanere disoccupati, o per accettare le umiliazioni delle occasionalità estemporanee, per essere costretti ad andare all’estero, per aspettare invano.

La scuola pubblica viene sempre più interessata e modificata in peggio dai processi della parcellizzazione del lavoro, della privatizzazione, dell’aziendalizzazione, della globalizzazione, cui le viene imposto da riforme scriteriate di adeguarsi.

E’ sparita la mobilità sociale, quella che fino a qualche anno fa permetteva a un ragazzo di famiglia operaia o contadina di diventare un professionista. E’ scomparso il ceto medio, quello che dava dignità e decoro ai propri figli.

Oggi, finalmente, in tutta Italia, e pure a Lecce, fra le colorite incazzature degli automobilisti, senza mediazioni di sindacati e partiti, in tanti, gli studenti hanno scoperto la forza dirompente del disagio, e l’agio di porsi contro.

Sono scesi per le strade, a chiedere, in sintesi estrema, ma efficace, il diritto al futuro che spetta alle nuove generazioni e che invece ad essi per la prima volta nella storia è stato levato: perché se si leva ai ragazzi il diritto allo studio libero , pubblico, gratuito, senza privilegi di censo, corporazione e famiglia; se si leva il diritto al lavoro, secondo le proprie attitudini, garantito dalla Costituzione; se si leva la possibilità di accendere un mutuo, avere un prestito, farsi curare e seguire, assicurarsi una pensione, se li si condanna infine a essere precari a vita, questa vita da precari prima o poi essi se la giocheranno per le strade, in un mondo che non li vuole più.

Faremmo bene a solidarizzare con il loro canto libero, e incazzato, e a unire alle loro le nostre valutazioni di merito e di sostanza, perché le ragioni e la qualità della protesta degli studenti sono di altissimo livello e di profondissimo valore.

Cosa volete che sia un blocco del traffico? Troppo poco. Penso a cosa avessimo fatto noi studenti degli anni Settanta, che pure avevamo una scuola pubblica che grosso modo ancora funzionava, e dopo i contratti a tempo indeterminato, le opportunità, i contributi e la pensione assicurata, se ci fossimo trovati nelle loro condizioni di adesso, e che pure ciò nonostante scatenammo gli anni di piombo. Cogito ergo solidarizzo.

Solidarietà generazionale, solidarietà militante a questi studenti del secondo decennio degli anni Duemila. La prossima volta, faremmo bene a lasciare le auto, e ad andare a far casino insieme a loro.

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Category: Costume e società

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