“Le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”…A LECCE PER LA MOSTRA DEI FRATELLI MARTINA, SERENA PELLEGRINO HA RILANCIATO LA SUA PROPOSTA DI MODIFICA COSTITUZIONALE: “la Repubblica riconosce la bellezza quale elemento costitutivo dell’identità nazionale”

| 12 Settembre 2016 | 1 Comment

di Antonietta Fulvio * (giornalista – per leccecronaca.it)______

Non serve costruire autostrade deserte come la imponente Bergamo-Brescia-Milano. Né pensare ad infrastrutture nuove mentre si lasciano crollare le testimonianze di un passato che ci fa riconoscere al mondo come il Belpaese. O continuare a fare scempio del paesaggio, inesorabilmente, senza imparare mai la lezione.

Davanti a noi, generazione del terzo millennio, si è aperta una sfida, forse la più grande “riconoscere la bellezza”. Quella bellezza smarrita, violata, aggredita – e non solo dalla natura che talvolta ci ricorda che cosa abbiamo perduto ma anche ciò che ancora ci resta e che va tutelato. Assolutamente. E non solo in termini di memoria e di identità ma anche di ricchezza perché la bellezza è il nostro petrolio, anche se si continua a preferire il grezzo alla grazia.

Questo può essere la sintesi dell’intervento dell’onorevole Serena Pellegrino, originaria del Salento, che vive a Udine, parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà, giunta a Lecce, ieri sera, in una serata uggiosa, ma ricca di emozioni in cui le opere di Maurizio Martina, presentate nel ‘96 alla Quadriennale di Roma, hanno fatto da scenografia alla conferenza “La bellezza che si tramanda” (nella foto). Un evento ideato dalla casa editrice Il Raggio Verde e l’associazione “Le ali di Pandora”, all’interno della mostra “Visioni.

L’arte ha occhi ben aperti più del giorno”, per riannodare i fili dell’identità e della memoria di una famiglia, i Martina, che rappresenta e testimonia un esempio della creatività del nostro Paese.

Il nonno scalpellino, nato nel 1892 ad Arnesano, del quale si contano numerose testimonianze di opere, tra l’altro nella Villa Reale di Lecce, e in nobili casate come quelle del conte Fumarola, del nobile Lopez y Royo, è stato, infatti, il capostipite di una generazione di artisti che vede oggi in Maurizio e Luigi (nella foto, con la relatrice) tramandare e ampliare l’eredità degli scalpellini della pietra leccese.

In mostra nelle sale del cinquecentesco Palazzo Castromediano Vernazza, quasi cento sue opere, in cui è possibile vedere le declinazioni dell’Arte secondo i fratelli Martina, dalla scultura alla fotografia alla pittura, un attraversamento di linguaggi estetici connaturati ad una costante ricerca stilistica e tecnica.

Un’arte che si tramanda anche alle nuove generazioni della famiglia, i giovani Alessio Martina e Gabriele Quarta, che rappresentano il germe della continuità perché la bellezza si tramanda.

Ma la Bellezza è anche “cura” rispondendo al primario bisogno di comunicare e produrre emozioni: su questo particolare aspetto si è incentrato l’intervento della giornalista Valeria Mingolla, illustrando come l’arte-terapia riesca a generare ben-essere, e anticipando così alcuni temi che l’on Serena Pellegrino ha toccato poi nel suo accorato racconto sulla genesi del progetto di “Bellezza in Costituzione”.

«Il primo articolo della nostra Costituzione fonda la nostra Repubblica sul lavoroe sappiamo bene che non se ne sta generando più – e parla di popolo sovrano che, ahimè, abbiamo ceduto quasi completamente. Eppure la nostra giovane Repubblica è riconosciuta nel mondo come il Belpaese: perché dunque non inserire la bellezza nella nostra carta costituzionale?

A rischio di sembrare matta, ho pensato che si potrebbe generare lavoro rimettendo in gioco l’enorme patrimonio che i nostri padri ci hanno lasciato, a proposito di bellezza che si tramanda.

Abbiamo vissuto di interessi grazie a questo immenso patrimonio, abbiamo divorato per qualche decennio gli interessi e ora stiamo andando ad erodere il capitale stesso diventando tutti più poveri. Poveri non solo in termini economici, ma poveri nella nostra più profonda essenza.

Purtroppo la ragioneria di Stato considera “spesa” restaurare un antico ponte romano, mettere a posto Pompei o le facciate dei nostri centri storici; e considera “investimento” fare un ponte nuovo, autostrade inutili che restano deserte, rotatorie e non si investe più, ad esempio negli enti lirici » – così la relatrice, rispondendo alla domanda del soprano Rosanna Mancarella, che ha scandito con la sua voce la bellezza in note.

C’è dunque bisogno di fare e operare un distinguo tra le parole “spesa” e “investimento”, questo il problema di fondo e la ragione della proposta di legge di modifica costituzionale all’articolo 1 della nostra Costituzione con l’aggiunta del comma che recita così: «la Repubblica riconosce la bellezza quale elemento costitutivo dell’identità nazionale, la conserva, la tutela e la promuove in tutte le sue forme materiali e immateriali: storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali».

Presentata due anni fa la proposta n. 2401 è stata depositata in totale sordina, e poi presentata il 26 novembre 2014, nell’ambito del convegno “Riconoscere la Bellezza” al quale presero parte, tra gli altri, gli onorevoli: Massimo Bray, Salvatore Matarrese, Mario Marazziti, Alessandro Pagano, Roberto Marti, Paolo Grimaldi, Giorgia Meloni, Pia Elda Locatelli, Pino Pisicchio, Titti Di Salvo, Adriano Zaccagnini, Francesco Paolo Sisto presidente della I Commissione affari costituzionali, Dario Franceschini ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, e il critico e storico d’arte Philippe Daverio. E “Riconoscere la Bellezza” è diventata un’associazione, presieduta dalla stessa Serena Pellegrino, che organizza seminari e convegni, in lungo e largo per l’Italia, come quello svoltosi ad Udine lo scorso ottobre 2015, dialoga e si confronta con enti, scuole e realtà del territorio.

Una scelta dettata da una vita tutta declinata a difendere e promuovere le bellezze del nostro magnifico Paese in cui il lavoro deve essere strumento e fine legato alla Bellezza come finalità dettata dalla Costituzione.

«Negli ultimi settanta anni abbiamo cancellato la parola bellezza dal nostro vocabolario, in nome purtroppo di un lavoro e di una casa siamo stati capaci di depauperare e distruggere il nostro patrimonio, faccio un esempio banale : Ilva, Bagnoli, Marghera, Milazzo, Augusta – in nome di un lavoro – giustamente di un lavoro – abbiamo costruito purtroppo delle fabbriche nei luoghi più belli del mondo. Marghera e Venezia ad esempio sono entrambi esempi dell’opera dell’uomo capace di produrre bellezza e bruttezza.

Oggi sembra quasi che la bellezza sia qualcosa di futile, ma la bellezza produce ben-essere. Noi oggi siamo la società del ben-avere, abbiamo accumulato e non siamo stati in grado di produrre ben-essere. È ormai unanimemente riconosciuto che l’ultimo pensiero architettonico in Italia risale al ventennio fascista come pensiero di Stato».

Finché si considereranno investimento parole chiave come petrolio, acciaio, cemento asfalti, case farmaceutiche e si contemplano come spese in bilancio – e dunque soggette a paurosi tagli – l’arte, la cultura, il restauro, la danza, il teatro, la musica è chiaro che non si riuscirà a produrre bellezza.

«Sappiamo che buona parte del volume del PIL di ogni paese industrializzato è generato da poche voci, tra cui quella farmaceutica. Credo che non ci siano dubbi: tutti sono disposti a rinunciare a qualche punto percentuale di ben- avere per produrre ben-essere. Rimoduliamo la nostra economia: meno inutili e costose strade d’asfalto e più infrastrutture della cultura e dell’arte, attraverso un processo che va dalla conoscenza per generare coscienza».

Uscire dall’empasse in cui siamo si può.

«L’Italia si è sempre rinnovata attraverso un processo e una rivoluzione di bellezza: l’Umanesimo, il Rinascimento…Siamo sempre ripartiti dalla nostra creatività. Dobbiamo chiedere a chi ci governa e ci rappresenta all’interno delle istituzioni che tutte le voci di capitolo riferite alla bellezza inserite nella “spesa” passino in “investimento”: le vere grandi infrastrutture oggi sono quelle intellettuali, creative, dell’arte. Sono queste, infatti, il viatico da cui far ripartire il nostro Paese e, allora, ricordando Camus ‘La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza».

 

 

 

Category: Cronaca, Politica

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Comments (1)

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  1. Franca Soglia ha detto:

    Bellissimo e chiarissimo articolo che condivido pienamente

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