ULTIM’ORA / SEI PESANTI CONDANNE AD ALTI FUNZIONARI MESSICANI, GIUSTIZIA PER SIMONE RENDA. LA MAMMA: “Adesso il mio pensiero va a tutte le madri che hanno visto i propri figli uccisi da persone in divisa”

| 15 Dicembre 2016 | 0 Comments

(Rdl)______Sentenza questa sera al termine del processo in Corte d’assise, a Lecce, agli otto imputati, giudicati in contumacia, per la morte di Simone Renda, il giovane turista leccese morto il 3 marzo 2007 nel carcere messicano di Cancun.

Simone Renda, bancario leccese, da tempo orfano di padre, aveva 34 anni il 3 marzo 2007 quando, al termine di una vacanza a Playa del Carmen, morì in circostanze tragiche.

Stava per rientrare in Italia, quando venne prelevato dalla Polizia dalla sua camera d’ albergo e incarcerato, senza nessuna ragione plausibile: l’ accusa generica parlava di ubriachezza molesta e disturbo della quiete pubblica.

Fu tenuto due giorni in una cella di isolamento, dove morì, con il corpo tumefatto da percosse, e disidratato.

Sei condanne per concorso in omicidio volontario, e, per la prima volta in Europa, per violazione dell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura, a pene comprese tra i ventuno e i venticinque anni di reclusione.

Venticinque anni a Arceno Parra Cano, Pedro May Balam, vice direttore della prigione, e Hermilla Valero Gonzales, giudice ualificatore; condanna a 21 anni per Luis Alberto Arcos, Gomez Gomez Cruz e Najera Sanchez Enrique.

Gli imputati erano tutti funzionari dello Stato messicano, poliziotti e dirigenti del carcere.

I due assolti “per non aver commesso il fatto sono gli agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen, Francisco Javier Sosa Frias e José Alfredo Martinez Gomez.

I giudici hanno imposto il risarcimento dei danni in favore delle parti civili da liquidarsi con giudizio separato ed hanno assegnato una provvisionale di 150.000 euro per Cecilia Greco e di 100.000 euro per Gaetano Renda, rispettivamente madre e fratello della vittima.

Così la donna ha commentato la sentenza: “Sono stata determinata, dovevo andare fino in fondo, nonostante tutti mi dicessero di lasciare perdere. Hanno avuto coraggio anche la Procura di Lecce, i miei avvocati, a credere in me. Perché non è stato facile andare contro uno Stato.

É una grande vittoria, una grande soddisfazione. Sono contenta che giustizia sia stata fatta. Siamo in un Paese dove la giustizia può essere lenta, ma bisogna avere determinazione perché alla fine, come oggi, risulta essere efficace. Questa sentenza dimostra la piena responsabilità dello Stato messicano, ma quello che mi sento di dire in questo momento è che il mio pensiero va a tutte quelle madri che hanno visto i propri figli uccisi da persone in divisa”.

 

Category: Cronaca

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