LE IDEE / IO E JULIUS

| 28 Giugno 2018 | 0 Comments

di Alexandr Dugin______

L’opera di Evola è stata scoperta in Russia negli anni Sessanta dal gruppo assai ristretto degli intellettuali dissidenti anticomunisti, detti “i dissidenti di destra”. Era una piccola cerchia di persone che avevano rifiutato volutamente la partecipazione alla vita culturale sovietica e avevano scelto l’esistenza clandestina.

La contestazione della realtà sovietica è stata presso di essi così totale perché si cercavano i principi fondamentali che avrebbero potuto spiegare le radici di questo giudizio negativo assoluto. È su queste vie di rifiuto del comunismo che si sono scoperti certi lavori di autori antimoderni e tradizionalisti: soprattutto i libri di Réné Guénon e di Julius Evola. Due personaggi centrali animavano questo gruppo – il filosofo musulmano Geidar Djemal e il poeta non conformista Evgeni Golovin.

Grazie ad essi, i “dissidenti di destra” hanno conosciuto i nomi e le idee di questi grandi tradizionalisti del nostro secolo.

 

Negli anni Settanta sono state fatte le prime traduzioni dei testi di Evola (“La Tradizione Ermetica”) sempre nel quadro della medesima cerchia e sono state distribuite sotto forma di samizdat [testi stampati e diffusi clandestinamente, n.d.R.].

La qualità delle prime traduzioni era assai scadente perché esse venivano eseguite da appassionati poco competenti, ai margini del gruppo degli intellettuali tradizionalisti propriamente detti. Nel 1981 è apparsa nel medesimo ambiente la traduzione di “Heidnischer Imperialismus”, il solo libro disponibile presso la Biblioteca Lenin di Mosca. Questa volta la distribuzione per samizdat è stata assai ampia e la qualità della traduzione migliore.

Poco a poco si è formata la vera corrente dei tradizionalisti che è passata dall’anticomunismo all’antimodernità, estendendo il rifiuto totale della realtà sovietica al mondo moderno in quanto tale, coerentemente con la visione tradizionalista integrale. Bisogna notare che le idee dei tradizionalisti in questione a quell’epoca erano molto lontane dall’altra branca dei “dissidenti di destra” che erano cristiani ortodossi, monarchici e nazionalisti.

Dunque Evola era più popolare tra le persone che si interessavano di spiritualismo in senso lato – yoga, teosofismo, psichismo, eccetera. Nel corso della perestroika [complesso di riforme dell’URSS sotto Gorbaciov, n.d.R.] tutte le forme di dissidenza anticomunista si sono manifestate alla luce del sole e, a partire dai “dissidenti di destra”, si è creata la corrente ideologica, culturale e politica della Destra – nazionalista, nostalgica, antiliberale e antioccidentale.

In questo contesto e seguendo lo sviluppo della glastnost le idee propriamente tradizionaliste, i nomi di Guénon ed Evola si sono introdotti nel complesso culturale della Russia.

I primi testi di Evola sono apparsi negli anni Novanta presso la cosiddetta stampa “patriottica” o “conservatrice” di grande tiratura e l’argomento del tradizionalismo è divenuto il tema di polemiche virulente e assai animate nel campo della destra russa nel senso più lato del termine. Le riviste “Elementy”, “Nach Sovremennik”, “Mily Anguel”, “Den” eccetera hanno cominciato a pubblicare parti degli scritti di Evola o articoli ispirati alle sue opere dove il suo nome era più volte citato. Poco a poco il campo dei “conservatori” è stato strutturato ideologicamente e si è prodotta la separazione tra la Destra arcaica, nostalgica, monarchica e l’altra Destra più aperta, non conformista e meno “ortodossa” – una sorta di “novye pravye” in russo, che si può tradurre come “nuova destra”, ma precisando che si tratta di un fenomeno molto originale e molto differente dalla ND europea.

 

Questo secondo partito dei “patrioti” lo si potrebbe qualificare come “terzaforzisti”, “nazional-rivoluzionari” eccetera. La linea di rottura passa precisamente nell’accettazione o nel rifiuto delle idee di Evola o piuttosto dello spirito di Evola che non si può qualificare solamente come “conservatore” o “reazionario” ma come quello della Rivoluzione Conservatrice, come la “rivolta contro il mondo moderno”.

Recentemente il primo libro – “Heidnische Imperialismus” – è stato pubblicato a grande tiratura in cinquantamila copie. Una trasmissione televisiva sul primo canale è stata dedicata a Evola. Dunque si può dire che per la Russia comincia la scoperta di Evola su larga scala. Quello che era un nucleo intellettuale estremamente marginale prima della perestroika in Russia è divenuto ora un fenomeno ideologico e politico importante. Ma è evidente che Evola scriveva i suoi libri e formulava le sue idee in un contesto temporale, culturale, storico ed etnico molto differente. Dunque si pone il problema: che cosa c’è di valido in lui per la Russia attuale e quale parte della sua opera deve essere adattata o respinta nelle nostre condizioni? Questo richiede almeno una breve analisi delle divergenze e delle convergenze tra il tradizionalismo di Evola e la tradizione sacra e politica propriamente russa.

 

Inizialmente bisogna precisare che il rifiuto del mondo moderno profano e desacralizzato che si manifesta nella civiltà occidentale del ciclo finale è comune a Evola e a tutta la tradizione intellettuale russa degli slavofili. Autori russi come Homyakov, Kirievsky, Aksakov, Leontiev, Danilevsky tra i filosofi e Dostoevsky, Gogol, Merejkovsky tra gli scrittori criticano il mondo occidentale pressoché negli stessi termini di Evola. Si trova presso di essi la medesima avversione al regno della quantità, al sistema della democrazia moderna, al degrado spirituale e alla profanità totale.

Così si vedono spesso delle corrispondenze sorprendenti tra la definizione delle radici del male moderno – massoneria profana, giudaismo deviato, avvento delle plebi, divinificazione della ragione – in Evola e nella cultura “conservatrice” russa. In qualche modo, la tendenza reazionaria è qui comune, dunque la critica dell’Occidente da parte di Evola è completamente comprensibile e accettabile in la linea generale dai conservatori russi.

“Nulla è più evidente che il capitalismo moderno è sovversione quanto il marxismo. Identica è la visione materialistica della vita che è alla base dell’uno e dell’altro; identici qualitativamente sono gli ideali di entrambi; identiche, in entrambi, sono le promesse legate ad un mondo il centro del quale è costituito dalla tecnica, dalla scienza, dalla produzione, dal “rendimento” e dal consumo.” (Gli Uomini e le Rovine, cap. 6)

 

Oltre a questo si trova sovente in Evola la critica formulata in un modo più vicino alla mentalità russa che a quella europea – lo stesso gusto per la generalizzazione, l’evocazione frequente di motivi mistici e mitologici, il vivo sentimento del mondo spirituale interiore a partire dal quale si percepisce organicamente la realtà immediata moderna come perversione e deviazione. In generale, per la tradizione conservatrice russa lo stile della spiegazione mitologica degli avvenimenti storici e anche contemporanei è quasi obbligatorio.

Il richiamo al livello super-razionale o non razionale si comprende perfettamente in Russia dove piuttosto è l’eccezione un argomentare razionale. Si può inoltre notare l’influenza esercitata dai conservatori russi su Evola: nelle sue opere egli cita spesso Dostoevsky, Merejkovsky (il quale, d’altronde, egli conobbe personalmente) e alcuni altri autori russi. D’altro canto, questi frequenti riferimenti a Malynsky e a Leon de Poncins lo fanno parzialmente rientrare nella tradizione contro-rivoluzionaria tipica dell’est europeo. Si può anche citare i suoi riferimenti a Serge Nilus, l’editore dei famosi “Protocolli” che Evola ha riediti per l’Italia. Nello stesso tempo è evidente che Evola conosceva assai male la cultura conservatrice russa nel suo insieme che, d’altronde, non lo interessava particolarmente a causa della sua idiosincrasia anticristiana.

A proposito della tradizione ortodossa egli ha detto appena qualche parola non significativa. Dunque l’affinità tra la sua posizione nei confronti della crisi del mondo moderno e l’antimodernismo degli autori russi è dovuta piuttosto alla comunanza delle reazioni organiche – eccezionale e individuale nel caso di Evola e tradizionali nel caso dei russi. Ma grazie alla spontaneità delle convergenze antimoderne la testimonianza di Evola diviene ancora più interessante e più preziosa. Sia quel che sia, questa parte critica di Evola rientra perfettamente nei quadri della corrente ideologica della Destra russa e apporta molto a questa visione della decadenza storica, dando formule nuove a volte più complete, più radicali e più profonde. Sotto questo aspetto le idee di Evola sono accolte molto positivamente nella Russia attuale dove l’antioccidentalismo è un fattore ideologico e politico estremamente potente.

 

L’altro aspetto del pensiero evoliano è avvertito dai russi come un soggetto intimo ed estremamente importante: si tratta della sua esaltazione dell’idea imperiale. Roma è il punto cruciale della Weltanschauung di Evola. Questa forza sacra, vivente e immanente che si manifesta attraverso l’Impero è stata per Evola l’essenza dell’eredità tradizionale dell’Occidente. I resti del palazzo di Nerone e delle antiche costruzioni romane sono stati da lui percepiti come la testimonianza diretta della sacralità organica e concreta la cui unità e continuità sono state sbriciolate dal “castello” kafkiano del Vaticano cattolico guelfo.

La sua formula ghibellina è chiara: l’Impero contro la Chiesa, Roma contro il Vaticano, la sacralità organica e immanente contro le astrazioni devozionali e sentimentali della fede, implicitamente dualista e farisea.

Ma il complesso simile si ritrova naturalmente nei russi, il cui destino storico è profondamente legato all’Impero. Questa nozione è stata dogmaticamente fissata nel concetto ortodosso di starets Philophe – “Mosca – Terza Roma”. Bisogna notare che la “prima Roma” in questa visione ciclica ortodossa non è la Roma cristiana, ma Roma imperiale, perché la “seconda Roma” (o “nuova Roma”) era per i cristiani Costantinopoli, la capitale dell’Impero cristiano.

Dunque l’idea stessa di “Roma” presso gli ortodossi russi corrisponde alla comprensione della sacralità come immanenza del Sacro, come “sinfonia” necessaria e inseparabile tra autorità spirituale e potere temporale. Per i tradizionalisti ortodossi la separazione cattolica tra il Re e il Papa non è concepibile e rivela l’eresia, chiamata precisamente “eresia latina”.

In questa concezione russo-ortodossa si ritrova l’ideale puramente ghibellino in cui l’Impero è talmente valorizzato teologicamente che non si può concepire la Chiesa come qualcosa di estraneo e isolato da esso. Questa centralità della sacralità del Regnum nella tradizione russo-ortodossa si basa sull’epistola di Paolo dove vi è la questione del “katekhon”, “colui che sostiene”, identificato precisamente con il Sacro Impero, l’ultimo ostacolo contro l’irruzione dei “Figli della Perdizione” – equivalenti dei Gog e Magog biblici.

 

Dunque la concezione di Mosca Terza Roma, che è in qualche modo consustanziale al pensiero tradizionale russo, corrisponde perfettamente all’ideale evoliano ghibellino. Ancor di più, la denuncia del cattolicesimo e del suo ruolo nefasto nella decadenza dell’Occidente è in Evola quasi identica alle accuse dei cristiani ortodossi contro l’ “eresia latina”.

Anche in questa occasione si vede la convergenza perfetta tra la dottrina di Evola e l’attitudine “normale” del pensiero conservatore russo. E ancora una volta, l’esaltazione spirituale e lucida dell’Impero nei libri di Evola diviene inestimabile per i russi alla ricerca della loro identità autentica e tradizionale. “L’imperialismo sinfonico” dei russi ortodossi riconosce facilmente la propria immagine nell’“imperialismo pagano” o piuttosto “ghibellino” di Julius Evola.

Si può aggiungere ancora un dettaglio importante. Si sa che l’autore di “Terzo Reich” Arthur Mueller van den Bruck è stato profondamente influenzato dagli scritti di Dostoevsky per il quale l’idea di Terza Roma era centrale. Si ritrova presso Van den Bruck la stessa visione escatologica dell’Impero Finale, in corrispondenza simbolica con le idee “paracletiche” dei montanisti e con le profezie di Ioachim de Flora.

Mueller van den Bruck, le cui idee sono stata a volte evocate da Evola, ha adattato la concezione di Terza Roma della tradizione russo-ortodossa alla Germania, elaborando il progetto politico-spirituale ripreso in seguito dai nazional-socialisti. Dettaglio interessante: Erich Mueller, discepolo di Nikisch, che era stato assai ispirato da van den Bruck, ha suggerito che se il Primo Reich tedesco era stato cattolico, il Secondo Reich protestante, il Terzo Reich avrebbe dovuto essere precisamente ortodosso! Ma Evola partecipò egli stesso largamente al dibattito intellettuale della cerchia della rivoluzione conservatrice tedesca (l’“Herrenklub” di von Gleichen, di cui egli era membro, era la continuazione dello Juniklub fondato da Mueller van den Bruck) dove argomenti simili erano vivacemente discussi.

Ecco l’altra via intellettuale che unisce la corrente conservatrice russa e il pensiero di Evola. Evidentemente non si può qui parlare di concezioni identiche, ma vi è quanto meno un’affinità straordinaria e dei ravvicinamenti “naturali” sorprendenti che spiegano inoltre la facilità di assimilazione del messaggio di Evola in Russia dove le sue vedute appaiono molto meno stravaganti che in Europa dove il conservatorismo tradizionale resta per la maggior parte cattolico e nazionalista in senso moderno e assai raramente imperiale e legato al Sacro.

 

In Evola vi è un altro aspetto molto interessante che si manifesta nella prime e nelle ultime tappe della sua vita. Lo si qualifica a volte come “anarchismo di destra” che è evidente nelle sue opere artistiche di gioventù e soprattutto in “Cavalcare la tigre”. Contemporaneamente la sua posizione antiborghese coerente e permanente lo isola considerevolmente dalla Destra convenzionale occidentale.

Indubbiamente, nell’insieme dei suoi scritti è molto saliente ciò che si potrebbe tentare di chiamare la “sinistra” del messaggio evoliano.

L’anticonformismo totale verso la realtà moderna occidentale, la contestazione radicale dei valori borghesi avvicinano Evola a certe branche della sinistra. Questo fenomeno non è la manifestazione della sua natura personale. Vi è qui un lato sintomatico estremamente importante. La Rivolta evoliana contro il mondo moderno possiede degli aspetti distruttivi come ogni rivolta, d’altronde. Il suo radicalismo intransigente lo spinge alla rottura con il conservatore abituale che difende per inerzia i valori di ieri contro i valori di oggi.

Per Evola lo “ieri” non del tutto ideale. Il suo orientamento va molto più lontano, verso il mito primordiale, verso l’Iperborea perduta, verso la Trascendenza, verso l’Eterno Presente. Questa ricerca dell’assoluto qui e ora obbliga a superare i limiti convenzionali e anche a sgretolare le forme secondarie della Tradizione adattate al kali-yuga.

Evola non accetta una parte del Sacro, lo vuole Tutto, immediatamente. Questa Rivolta gli fa prendere posizioni “anarchiche”, contestare la legittimità delle forme tradizionali svuotate di ogni vita. È d’altronde la posizione autentica dell’adepto dei Tantra, quella che egli spiega perfettamente ne “Lo Yoga della Potenza”.

Ma paradossalmente la stessa antinomia è propria alla corrente della sinistra radicale e la fenomenologia esistenziale ed estetica delle due rivolte, per quanto differenti, le unisce in un certo caso quasi perfettamente. La rivoluzione, la guerra, la crisi, il ribaltamento sociale provocano sempre un trauma profondo che necessariamente obbliga l’essere umano a incontrare la realtà ontologica profonda che supera i cliché profani della vita “normale”.

Ernst Jünger, al quale Evola si interessò molto, sviluppò nei suoi romanzi e scritti politici questo problema del reincontro dell’uomo moderno, profondamente alieno, con la realtà superiore nella situazioni di crisi estrema. D’altronde, Evola attraversò egli stesso dei periodi di crisi personale al limite del suicidio. Dunque la sete dell’assoluto è in logico rapporto con le esperienze “negative” e talvolta anche “antinomiche”. Queste considerazioni spiegano anche l’interesse di Evola per certi personaggi giudicati dagli altri tradizionalisti (Guénon, Burkhardt, eccetera) nettamente “contro-iniziatici” – Alister Crowley, Giuliano Kremmerz, Gustav Meyrink eccetera.

A sinistra, soprattutto all’estrema sinistra, si ritrova facilmente il medesimo complesso, la stessa passione, la stessa esaltazione dell’esperienza traumatica e nello stesso tempo lo stesso rifiuto del conformismo, la stessa avversione viscerale in rapporto alle norme e alle convenzioni, la stessa rivolta contro l’abituale. D’altra parte, la cultura ideologica della “sinistra rivoluzionaria” non è priva di accostamenti esoterici che a volte sono gli stessi come nel caso dei tradizionalisti e della “rivoluzione conservatrice”. Citiamo a titolo di esempio Theodore Reusse, attivista di sinistra e iniziatore alla massoneria dello stesso Guénon!

 

Il lato “sinistro” di Evola richiama il paradosso politico della Russia attuale dove i neocomunisti, antiliberali fanno fronte comune con i conservatori russo-ortodossi. Cosa che si può anche pensare di certi aspetti del bolscevismo russo storico in cui si sono sviluppate per vie eterodosse e contraddittorie le tendenze profonde della sacralità russo-ortodossa – l’avversione per il mondo occidentale borghese, la ricerca del Regnum, i fattori escatologici, l’esperienza diretta, rivoluzionaria e immediata della Verità. Più ancora, vi erano all’alba della corrente comunista russa accostamenti esoterici estremamente curiosi con i rappresentanti delle correnti spirituali locali ed europee. Si può dire che tra Evola e la Russia esistono non solo le corrispondenze a livello di corrente ideologica “conservatrice”, “di destra”, ma anche certi lati della “sinistra” russa, nella sua dimensione profonda e paradossale, possono essere comparati con gli scritti di Evola e anche chiariti grazie al suo metodo di ricerca della struttura dei fenomeni traumatici. Il fatto stesso che il comunismo abbia vinto nel paese più conservatore e più tradizionalista d’Europa ci obbliga a rivedere gli schemi abituali conservatori a proposito della natura profana e moderna del comunismo, come tappa avanzata della degrado dell’attuale civiltà.

 

D’altronde, le previsioni dei conservatori e contro-rivoluzionari (come Léon de Poncin) concernenti la necessità della vittoria della quarta casta proletaria in tutto il pianeta sono smentite dal trionfo attuale della civiltà borghese (presunta terza casta) nella Russia postsovietica. Lo stesso Evola commise il medesimo errore accettando la posizione radicalmente antisocialista e anticomunista, propria dei conservatori reazionari con i quali, a livello metafisico, egli era in pieno disaccordo, dovuto alla differenza profonda tra la Via della Mano Sinistra che gli era propria e la Via della Mano Destra che (a volte) indirettamente e parzialmente ispira i conservatori convenzionali. In altri termini la “sinistra metafisica” in Evola non ha potuto trovare la manifestazione dottrinale coerente a livello politico e il lato “anarchico” ed “esoterico” restano in qualche modo sovrapposti assai contraddittoriamente alla sua fedeltà alla “reazione” politica.

Lo stesso equivoco esiste nelle sue relazioni col fascismo e col nazional-socialismo dove egli criticava l’aspetto politico di sinistra e contemporaneamente tentava di rafforzare l’aspetto “metafisico di sinistra” (insistendo ad esempio sul paganesimo contro le relazioni con il Vaticano). La storia politica degli anni Ottanta-Novanta mostra che il comunismo non era l’ultima forma di decadenza della caste. Dunque Evola aveva torto nel predire la vittoria dei sovietici e di conseguenza di prendere la posizione radicalmente anticomunista e di non riconoscere il lato paradossale e in qualche modo tradizionale della Rivoluzione. Malgrado il suo interesse particolare per “L’Operaio” di Jünger, Evola ha falsamente identificato, seguendo la logica della Destra non rivoluzionaria, le caste tradizionali con le classi della civiltà occidentale.

 

A questo proposito, si può richiamare l’avvertimento estremamente importante di Georges Dumezil riguardante il fatto che nella società tradizionale indoeuropea, dunque ariana, i lavoratori appartengono alla terza casta e non alla quarta. Oltre a ciò, i mercanti, (cioè i proto-capitalisti) non appartengono del tutto al sistema delle caste in tale società e tutte le funzioni di distribuzione dei beni e del denaro sono stati appannaggio dei guerrieri, degli kshatryas. Ciò significa che la classe dei mercanti non corrisponde assolutamente alla struttura della società ariana ed è storicamente sovrapposta ad essa con la mescolanza culturale e razziale. Dunque la lotta antiborghese dei socialisti possiede implicitamente la dimensione tradizionale e indoeuropea, cosa che spiega perfettamente le tendenze “antigiudaiche” (addirittura antisemite) di un gran numero di teorici socialisti a partire da Fourier, Marx e fino a Stalin. Questa considerazione mostra la giustificazione dell’elemento socialista (e pure nazional-comunista) nelle correnti della Rivoluzione Conservatrice – specialmente in Spengler, Sombart, van den Bruck, Jünger e fino a Nikisch.

È fuori di dubbio che con questo ambiente tedesco d’anteguerra Evola aveva ottime relazioni intellettuali, cosa che ahimè, non lo ha aiutato a sfumare le sue posizioni e a rettificare le sue vie dottrinali e tradizionaliste. Questa contraddizione in Evola è notevole se si confrontano “Orientamenti” e “Gli Uomini e le Rovine” da un lato, e “Cavalcare la Tigre” dall’altro. “Evola di sinistra” non è ancora scoperto e riconosciuto. Ma ancora una volta – la Russia e la sua storia conservatrice e rivoluzionaria, paradossale e rivelatrice, antica e moderna ci aiuta a comprendere Evola nelle sue idee esplicite e soprattutto il senso implicito del suo messaggio che rimane da scoprire e assimilare. Non solamente in Russia, ma in questo ultimo aspetto anche in Occidente.

 

Ciò che pone i maggiori problemi nell’assimilazione degli scritti di Evola in Russia è la sua impostazione risolutamente anticristiana. Secondo lui l’intera tradizione cristiana è l’espressione della degenerazione ciclica, una radice della decadenza dell’Occidente tradizionale e la “sovversione” dello spirito del Sud, della mentalità “semitica” proiettata al Nord europeo ariano. È in questa questione che vi sono degli aspetti inaccettabili del suo messaggio per il contesto del tradizionalismo russo. Qui bisogna quantomeno distinguere due aspetti differenti del problema.

1) Da un lato Evola conosceva soprattutto la forma cattolica della tradizione cristiana – quella che era propria all’Occidente. Qui la critica severa di Evola del ruolo del cristianesimo occidentale nel processo di caduta della civiltà europea è assai giusta (quantunque non senza certe generalizzazioni poco fondate). Oltre a questo nell’ottica della Chiesa Ortodossa, e soprattutto nell’ottica della Chiesa Russa dopo la caduta di Costantinopoli e l’adesione del Patriarcato di Costantinopoli all’Unità Cattolica, si trovano sovente gli stessi motivi nella denuncia dell’ “eresia latina”. Il devozionismo, il razionalismo scolastico e il papismo del Vaticano sono gli oggetti di critica costante dell’Ortodossia contro il cattolicesimo con più o meno le stesse conclusioni riguardanti la responsabilità della “deviazione cattolica” nella desacralizzazione dell’insieme europeo che è giunto al rigetto quasi totale della tradizione e all’avvento dell’era laica.

La tradizione cristiana ortodossa differisce molto dalla tradizione cattolica nei punti essenziali dogmatici, rituali e (quello che è più importante nel caso nostro) metafisici. Lo spirito ortodosso è contemplativo, apofantico, esicastico, comunitario e risolutamente anti-individualista. Il fine nettamente dichiarato dell’Ortodossia è la “deificazione” dell’uomo per via ascetica descritta nei termini puramente esoterici e utilizzando i procedimenti iniziatici. Questa via della deificazione è assolutamente un’altra cosa rispetto al misticismo exoterico occidentale dove si esalta l’umanesimo. Si tratta della visione tradizionale della realizzazione metafisica. In altri termini l’Ortodossia non è la religione intesa nel senso di Guénon (ripreso in seguito da Evola), perché non mira alla “salute dell’anima individuale”, ma alla realizzazione puramente spirituale e metafisica – dunque sovraindividuale e sovrapsichica. L’Ortodossia non è l’exoterismo necessitante dell’esistenza di società iniziatiche esteriori per giungere alla completa realizzazione spirituale (l’assenza storica di società iniziatiche fuori dalla Chiesa nei paesi ortodossi lo testimonia in una maniera sorprendente). È piuttosto la tradizione completa inglobante esoterismo ed exoterismo come nel caso dell’Islam. L`esempio più vicino a questa particolare della Chiesa Orientale si trova nello sciismo iraniano dove non vi è più distinzione netta tra il dominio esoterico ed exoterico (a questo proposito vedere Henri Corbin “L’homme de la lumiere”). La differenza essenziale tra la tradizione cattolica e quella ortodossa rende la posizione anticattolica e “antiguelfa” di Evola pienamente comprensibile e accettabile. Oltre a ciò, certe obiezioni formulate da Evola contro l’insufficienza metafisica dell’attitudine della Chiesa Occidentale aiutano molto gli ortodossi a ritrovarsi coscientemente nella propria tradizione, cosa che manca fatalmente al cattolicesimo.

2) L’altro aspetto di questo problema consiste nel rigetto da parte di Evola della tradizione cristiana primordiale, nel sua disprezzo per la natura del cristianesimo delle origini che egli qualificò sempre come “plebeo”, “semitico”, e pre “antitradizionale”. Egli si inscrive definitivamente nella tradizione romana precristiana e anticristiana ripetendo nei tratti generali le accuse alla Chiesa da parte dei filosofi pagani e neoplatonici. Certi elementi li ha attinti dalle fonti anticlericali massoniche tramite Arturo Reghini eccetera.

Egli tende a identificare la tradizione cristiana con la tradizione giudeo-cristiana cosa che è esatta solo in parte e storicamente si applica soprattutto all’origine e alla particolarità della tradizione propriamente cattolica, tanto che la Chiesa orientale (o le Chiese Orientali) deve essere qualificata elleno-cristianesimo. (Un’analisi eccellente di questa differenza fondamentale si trova tra gli autori russi come Nikolaev “V poiskah sa Bojestvom”, V.Lossky “Theologie mystique” et plus recemment chez les auteurs francais Jean Bies “Voyage au monte Athos” et Michel Fromaget “Corps, ame, esprit”). La tradizione della devozione passiva, della ricerca della salvezza individuale, l’egalitarismo postumo, eccetera, non caratterizzano l’essenza della Tradizione Cristiana contrariamente alle affermazioni di Evola. Ma è un argomento troppo complesso per essere trattato in questo scritto.

Si solamente constatare che agli occhi dei cristiani orientali questo aspetto della critica di Evola non solo non è accettabile, ma resta poco comprensibile, perché i motivi propriamente giudeo-cristiani sono assai rari e marginali nell’Ortodossia. La Chiesa bizantina e dopo la sua caduta la Chiesa russa hanno ereditato la parte più sublime della tradizione ellenica incorporandola nell’insieme armonico della Rivelazione evangelica. Nella Chiesa orientale gli apostoli “gnostici” e controgiudaici sono particolarmente venerati – si tratta di S.Paolo, di Giovanni apostolo, di Andrea (patrono della Chiesa russa), eccetera. Al contrario, S.Pietro o S.Giacomo (i poli giudeo-cristiani del cristianesimo delle origini) hanno dei ruoli secondari. Lo spirito della Chiesa orientale resta molto caratterizzato dal marcionismo o monofitismo implicito. Il Cristo qui è soprattutto Pantakrator e lo Zar, il Dio della Seconda Venuta terribile e onnipotente. È anche lo spirito aristocratico e ascetico attivo ed eroico. Il punto culminante dell’affermazione cosciente di questa natura della Chiesa orientale era la santificazione di S.Gregorio di Palama, l’eminente esoterista cristiano la cui dottrina esicastica della Luce Increata e della deificazione ha scandalizzato tanto i cattolici che il settore filocattolico dell’Ortodossia. Questo stesso esicasmo è proprio alla maggioranza dei santi russi – S.Serge di Radohej, S.Nil Sorsky eccetera, fino agli artisti delle icone – Andrei Rubliev recentemente canonizzato come santo dal concilio della Chiesa Ortodossa russa. Dunque nel rifiuto assoluto del cristianesimo in quanto tale Evola pone un serio ostacolo alla sua assimilazione da parte del tradizionalismo russo. L’accettazione letterale del suo appello per il ritorno al paganesimo darebbe solamente effetti ridicoli a causa dell’assenza totale in Russia di residui della tradizione slava precristiana le cui parti migliori si ritrovano piuttosto nella particolarità della tradizione ortodossa specificamente russa che nei frammenti incoerenti di miti e culti il cui senso e la cui logica sono completamenti dimenticati. L’adattamento dell’anticristianesimo di Evola alla realtà russa può prodursi attraverso l’accettazione della sua critica del cattolicesimo, dello spirito giudeo-cristiano con la ricerca simultanea degli aspetti positivi – eroici e virili – all’interno stesso della tradizione ortodossa e soprattutto nel dominio esoterico di questa, nel simbolismo delle icone, nell’esicasmo, nei procedimenti iniziatici della deificazione. Si può essere d’accordo con il rifiuto dello spirito “semitico” e con l’elogio dello spirito “ariano” ed “ellenico”. Ma in Russia tutto ciò è obbligato a rimanere nel quadro dell’Ortodossia cristiana, perché tali sono le condizioni storiche e “geografico-sacrali” della civiltà russa.

 

 

Vi è in Evola un aspetto estremamente importante concernente le origini iperboree della Tradizione. Si trova la stessa idea in altri tradizionalisti, soprattutto in Guénon e in B.G. Tilak e anche presso il saggista tedesco Hermann Wirth. D’altronde Evola parla di Guénon e Wirth come due dei tre personaggi che lo hanno influenzato più di altri (il terzo era Guido de Giorgio). È il punto fondamentale della sua dottrina. Il grande merito di Evola consiste nel fatto che egli tentava di rianimare il mito iperboreo, di proporlo come realtà spirituale concreta, come l’orientamento per eccellenza non solamente nelle ricerche esoteriche, ma anche come fattore metapolitico e quasi esistenziale. Questa riattivazione dell’argomento iperboreo è l’aspetto più sorprendente della sua Weltanschauung. Ancora una volta questa idea di Evola appare estremamente vicina al tradizionalismo russo, perché il popolo russo essendo un popolo indoeuropeo, dunque ariano, deve prendere necessariamente coscienza del suo più lontano passato per riaffermare la sua identità e trovare in se stesso l’essenza spirituale.

Bisogna riconoscere che, malgrado la sua importanza fondamentale, tale questione non era quasi mai stata posta in modo serio nel tradizionalismo russo, salvo alcuni intuizioni assai vaghe di saggisti prerivoluzionari che si occuparono delle origini degli slavi. La visione tradizionale delle origini presuppone la conoscenza delle leggi cicliche e delle corrispondenze cosmiche. In questo caso, l’opera di Evola ci fornisce molte informazioni preziose sull’argomento. Evola stesso era piuttosto interessato allo studio delle influenze iperboree nell’Europa occidentale e nel Vicino Oriente, applicando i metodi di Guénon, di Bachofen e di Wirth per ricostruire la tipologia ciclica delle civiltà a partire dall’età dell’oro fino ai giorni nostri (“Rivolta contro il mondo moderno”). Nelle sue opere dedicate al problema delle “razze spirituali”, egli ha concretizzato certi dati tradizionali riguardanti i tipi di uomini europei nelle loro particolarità fisiche, psichiche, spirituali.

Ovunque sottolineò la centralità del tipo “iperboreo”, “nordico”, “apollineo”. Queste ricerche aiutano a comprendere le relazioni che esistono tra la dinamica storica (compresa nella prospettiva tradizionale) e lo status quo critico della nostra situazione moderna. Egli ha disegnato le grandi linee dell’itinerario delle correnti iperboree in corrispondenza con le etnie e le regioni europee. Evidentemente tutto ciò si applica soprattutto alla realtà europeo-occidentale o mediterranea. Gli spazi etnici e geografici dell’Eurasia nord-orientale restano fuori dal quadro delle sue ricerche. Ma il metodo e i principi della ricerca elaborati da Evola così come l’esempio di loro applicazione alla realtà concreta, ci dà la possibilità di compiere un lavoro simile in rapporto alla Russia e ai suoi legami con le tendenze iperboree. Si può affermare che Evola è su tale questione estremamente importante per la Russia perché egli apre delle vie di ricerca delle origini primordiali che prima di lui erano sconosciute e quasi impensabili. È l’altra ragione di grande interesse per Evola in Russia dove egli ispira fortemente gli “studi iperborei” applicati alla Russia e all’Eurasia. (A titolo di esempio si può citare A. Dughin “Continente Russia”, Parma, Ed. del Veltro, 1991, e dello stesso autore “Russia – Misterio del Eurasia”, Madrid, Grupo libro 88, 1992, dove si prova a definire le linee dello studio “iperboreo” dell’Eurasia).

 

L’adattamento delle idee di Evola alla Russia e la scoperta tramite il suo metodo tradizionale della sacralità russa, pone una serie di questioni interessanti sulla dottrina della Terza Via in generale, sia livello metafisico che a livello geopolitico e politico. Questi due livelli sono sempre in realtà intimamente legati e la stessa vita di Evola testimonia l’importanza assoluta di scoprire questa corrispondenza “naturale” e sacra che il mondo moderno tende sempre a negare o a nascondere. Nell’impegno politico di Evola non vi è niente di casuale o convenzionale. Le sue idee esoteriche e le sue opinioni politiche sono in perfetta armonia.

Egli è uno straordinario esempio di coerenza e di fermezza di spirito di fronte al caos moderno che cerca sempre di sviare gli uomini nella loro ricerca della verità. Si può dire che vi è una logica rimarchevole tra il tradizionalismo metafisico di Evola e la sua difesa dell’idea politica imperiale, antimoderna, “iperborea” ed europea. La sua posizione ideologica decolla direttamente dall’individuazione delle due forme del degrado spirituale dell’Occidente nel capitalismo americano (il polo occidentale) e nel comunismo sovietico (il polo orientale). Dunque, politicamente egli è contro il mondo borghese e il mondo socialista, geopoliticamente egli è contro l’estremo Occidente (Stati Uniti, Francia, Inghilterra, dunque i paesi atlantisti) e contro l’Oriente comunista (il blocco euroasiatico socialista). Da ciò deriva logicamente una certa simpatia innegabile sebbene sfumata per il fascismo e il nazional-socialismo a livello politico e per la difesa dell’Europa centrale germanica a livello geopolitico. In questa visione molto coerente, La Russia (e il mondo slavo) politicamente, geopoliticamente e pure razzialmente occupano la posizione del nemico naturale, da qui questa affermazione estrema che “gli slavi non ebbero mai la tradizione” (“Heidnischer Imperialismus”).

Si può supporre che questa visione geopolitica aveva in Evola i fondamenti nella geografia sacra o piuttosto in una certa versione della geografia sacra propria all’occidente imperiale prima ellenico, poi romano e infine germanico che vedeva negli spazi eurasiani le terre della barbarie, popolate dagli “untermenschen” slavo-tartari. Questa stessa concezione è stata ripresa dalla cattolicità occidentale, soprattutto dopo lo scisma. Questo terzaforzismo di Evola (né Occidente, né Oriente, – Europa) è intimamente legata agli altri aspetti già menzionati che impediscono di integrare pienamente e senza sfumature la sua dottrina nel tradizionalismo russo-ortodosso. La valutazione del socialismo come qualcosa di essenzialmente antitradizionale va di pari passo con la scarsa stima per la civiltà slava. Questi due aspetti sono intrinsecamente legati. Se nel caso di Evola vi è corrispondenza diretta tra visione metafisica e dottrina politica, vi erano altri rappresentanti della stessa tendenza politica che seguivano la stessa linea senza alcun riferimento esoterico, ma in piena conformità con i principi che essi stessi ignoravano totalmente. Il terzaforzismo geopolitico e politico del Terzo Reich (quello, ahimè, non di van den Bruck, ma di Adolf Hitler) e in minore misura lo stato fascista italiano hanno fondato la loro ideologia, nei tratti generali, sulla medesima base dottrinale. Da ciò l’attacco contro l’URSS e la guerra contro le potenze atlantiste – Inghilterra e Stati Uniti. Si può dire che la stessa visione è propria fino ad ora agli ambienti dell’estrema destra europea indipendentemente dal fatto che i loro rappresentanti leggano o meno “Orientamenti” o “Gli Uomini e le Rovine”, per non parlare di “Rivolta contro il mondo moderno”.

È positivo richiamare il caso estremamente interessante dell’evoluzione politica dell’ideologia di “Giovane Europa” di Jean Thiriart che apparteneva a questi movimenti terzaforzisti di estrema destra in senso lato del dopoguerra, tentando di applicare il concetto di patria nella realtà concreta dell’Europa democratica e denazificata. Thiriart dagli anni Sessanta rappresentava la versione “secolarizzata” e “razionalizzata” della dottrina di Evola, privata dei suoi lati metafisici, ma conservante la coerenza puramente politica.

Evola stesso cita Thiriart ne “Gli Uomini e le Rovine”. Thiriart cominciò con la ristretta formula “Né Occidente, né Oriente – Europa Imperial”, dunque con la formula identica alla visione di Evola.

 

Nel corso degli anni Settanta e Ottanta, dopo essersi ritirato dalle lotte politiche, Thiriart è arrivato alla conclusione che i due termini negativi di questa formula non sono più eguali. Egli ha riconosciuto nel sistema socialista sovietico molte più affinità con i propri ideali che non nel mondo capitalista. La stessa cosa egli ha trovato nelle correnti della Rivoluzione Conservatrice tedesca, nel fascismo di sinistra europeo ed italiano, nella repubblica Sociale e anche nel nazional-bolscevismo russo, eccetera. A partire da questo egli proclama lo slogan un po’ provocatorio dell’ “Impero euro-sovietico da Vladovostock fino a Dublino”, affermando con ciò la compatibilità politica e geopolitica del terzaforzismo europeo con il socialismo euroasiatico.

Queste idee hanno influenzato molto l’ambiente nazional-rivoluzionario nelle correnti politiche europee. Bisogna notare che tutto questo è stato fatto nello spirito del pragmatismo politico più freddo, senza alcun appello alla Tradizione. Ma si può, teoricamente almeno, trovare l’esatta corrispondenza metafisica con l’operazione geopolitica di Thiriart. Questo significherebbe la revisione del pensiero evoliano dal punto di vista “eurasista” e nell’ottica del tradizionalismo russo-ortodosso. Come Thiriart è rimasto fedele al suo primo impulso di impegno politico (egli era, d’altronde, un combattente delle SS) cambiando del tutto la sua visione geopolitica, si può pure restare fedeli alla profonda essenza metafisica del messaggio di Evola, adattando certi suoi aspetti alla visione “euroasiatica” con tutte le implicazioni necessarie.

Thiriart e anche certi rappresentanti della ND europea e delle correnti NR hanno optato risolutamente per la designazione del nemico unico assoluto che è il capitalismo cosmopolita e la dominazione geopolitica degli Stati Uniti. Il campo socialista è stato piuttosto percepito come “il possibile alleato”. Se si farà la trasposizione di questa valutazione politica al livello spirituale più elevato si arriverà all’apprezzamento sommariamente positivo della tradizione russo-ortodossa, alla scoperta della componente slava dell’insieme indoeuropeo e anche al riconoscimento nel bolscevismo russo di tendenze antimoderne e in qualche modo tradizionali.

In questo caso, si giungerà alla formula “Oriente contro Occidente”, “socialismo e socialismo nazionale contro capitalismo”, “eurasisti contro atlantisti”, “Russia con l’Europa germanica e continentale contro gli Stati Uniti e i paesi anglosassoni” eccetera. Parallelamente si opera la revisione delle idee di Evola che corrisponde esattamente alla lettura “russa” dei suoi scritti (più l’accentuazione del suo aspetto rivoluzionario, di “sinistra”).

 

Terza Roma, Terzo Reich e Terza Internazionale si mostreranno di colpo come simboli intimamente legati tra loro, come le tre forme differenti, ma complementari della Rivolta contro il mondo moderno – non sempre coscienti delle loro implicazioni trascendenti e a volte deviate e pure parodistiche. Ma forse nell’età oscura in cui noi ci troviamo, in questo kali-juga, non ci si devono aspettare dalla realtà esteriore le realizzazioni splendenti e sublimi delle verità tradizionali.

Certi aspetti ripugnanti delle ideologie contemporanee e soprattutto la loro messa in pratica possono a volte nascondere i tesori spirituali come i “guardiani della soglia” della tradizione tibetana, mostruosi e aggressivi, custodiscono il deposito prezioso della Tradizione (questa metafora è stata utilizzata una volta dal prof. Claudio Mutti a proposito dell’aspetto esteriore dei regimi comunisti; bisogna precisare che egli stesso è tradizionalista guénoniano ed evoliano, russofilo e nello stesso tempo estimatore delle idee di Jean Thiriart!).

 

Si può aggiungere che malgrado molto confronti in rapporto al lato esoterico del nazional-socialismo e molte parole severe a suo riguardo, Evola stesso accettò la partecipazione alla lotta intellettuale precisamente in questo campo ideologico, provando a “correggere i nomi” (secondo l’espressione esoterica della tradizione cinese) e ad aprire le prospettive del tradizionalismo autentico, non dal di fuori, ma dall’interno del movimento che rappresentava, sia pure approssimativamente, la Rivolta per l’Assoluto. Dunque, “i guardiani della soglia” del neo-spiritualismo ariosofista non impedirono ad Evola di mescolarsi attivamente nel combattimento spirituale al fianco dei nazional-socialisti.

Bisogna riconoscere che Evola stesso non compì un’evoluzione simile a quella di Thiriart. Resta comunque il fatto che il suo ultimo libro dottrinale è “Cavalcare la tigre” e non “Orientamenti”. L’Impero euro-sovietico da Vladivostock fino a Dublino, il campo della rivolta paradossale dei “rosso bruni” eurasisti in cerca del Regnum si oppone totalmente alla modernità, – a questa modernità che si concretizza escatologicamente nel “dominio assoluto del capitale” e nella “mentalità semitico-mercantile”, nell’avvento finale del tipo sociale che non appartiene né alla terza, né alla quarta casta tradizionale indoeuropea – tutto ciò si può dedurre dalla lettura “russa” di Evola, dalla lettura “rivoluzionaria” di Evola che sbriciola la scolastica tradizionalista impotente, accademica, e rincuora e rivivifica il suo spirito che, d’altronde, non è morto.

 

 

Julius Evola fu un uomo geniale. Più ancora, egli fu l’uomo archetipico che visse nel suo destino personale la sorte della Tradizione nel mezzo delle tenebre escatologiche.

La sua eredità è più che preziosa.

I suoi errori carichi di significato come le sue autentiche rivelazioni. Egli testimoniò la qualità dell’attuale realtà, mostrò eroicamente l’orientamento che porta al di là. Il suo messaggio è necessario per l’Europa.

Egli è anche necessario per la Russia che attraversa il suo momento storico cruciale in cui la questione della sua identità tradizionale e sacra si pone in ogni anima russa. Grazie alla luce delle sue idee, anche se non conveniamo su tutte, noi possiamo restaurare la nostra tradizione metafisica, trovare le chiavi dimenticate o perdute.

Questo spiega la popolarità di Evola nella Russia attuale. Questo spiega anche la ragione delle polemiche appassionate che provocano le traduzioni dei suoi libri e dei suoi articoli.

L’incontro della Russia con Evola non è una questione di erudizione, di estremismo politico marginale o un affare di “spiritualisti”. Gli aspetti che tocca Evola sono le realtà viventi, le forze sacre che si risvegliano nell’attesa dell’“Azione Trascendente” della quale Evola ha parlato profeticamente nei suoi primi libri. Evola è l’ultimo eroe dell’Occidente. Ma si sa che nell’ottica escatologica “l’ultimo è sempre il primo”. Dunque il messaggio di Evola conclude un certo ciclo, ma apre l’altro, E speriamo che questo sia il ciclo della Rivolta Assoluta contro il mondo moderno.______

5 – Fine______

LA RICERCA nei nostri articoli precedenti dei giorni scorsi

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