LA TRATTA DEI POVERI INDIANI, COSTRETTI A LAVORARE IN ITALIA SOTTO SFRUTTAMENTO. SGOMINATO UN CLAN CRIMINALE, UN INDAGATO ANCHE A LECCE

| 5 Agosto 2022 | 0 Comments

(e.l. ) ______ Questa mattina militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Padova (nella foto) hanno eseguito il provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria nei confronti di un imprenditore di nazionalità indiana che gli vieta di esercitare le proprie attività per un anno. Gli sono stati inoltre sequestrati beni mobili e immobili per un valore di 750.000 euro.

E’ accusato di aver promosso un’associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro.

Ci sono altre quindici persone indagate, in quella che gli investigatori ritengono un’associazione per delinquere con ramificazioni ad Alessandria, Mantova, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Parma, Bologna, Forlì-Cesena, Arezzo, Perugia e Lecce, dedita allo sfruttamento di numerosi lavoratori indiani, bengalesi e pakistani.

Secondo quanto è emerso dalle indagini, l’organizzazione si occupava, innanzitutto, del reclutamento della manodopera, che avveniva tra gli Indiani in stato di bisogno già in Italia, oppure nello stato indiano del Rajasthan, dove emissari attingevano manovalanza dalle fasce più povere della popolazione rurale, prospettando migliori condizioni di vita e lavorative a fronte del pagamento di un’ingente somma, di cui un anticipo da corrispondere in madrepatria e il resto mensilmente, una volta intrapresa l’attività lavorativa in Italia.

Appena giunti sul territorio nazionale, i lavoratori ottenevano un regolare permesso di soggiorno grazie all’immediata assunzione presso cooperative fornitrici di forza-lavoro per la gestione di magazzini della grande distribuzione, siti principalmente nel nord Italia, ma anche in Toscana, Umbria e Puglia.

I lavoratori, infatti, erano sottoposti alla pressante vigilanza dell’organizzazione, che dislocava presso ogni cooperativa un fidato sodale con il compito di spegnere, con la minaccia e talvolta con l’uso della forza, ogni tentativo di protesta o ribellione, controllando anche la fruizione di ferie o permessi, nonché disincentivando l’eventuale adesione a organizzazioni sindacali.

Il clima di costante intimidazione era alimentato anche dal timore di possibili ritorsioni sui familiari rimasti in India.

La soggezione delle vittime si manifestava anche fuori dai luoghi di lavoro: gli stessi – già gravati dalla necessità di mantenere le famiglie d’origine – erano costretti a restituire le ingenti somme dovute per l’ingresso e l’ottenimento dell’impiego in Italia, nonché obbligati a dimorare presso le abitazioni nella disponibilità degli organizzatori, spesso in situazioni degradanti, per essere sottoposti a un controllo stringente fino al pieno soddisfacimento della pretesa economica.

Il consistente profitto dell’organizzazione, pertanto, era assicurato dal denaro contante prelevato direttamente dai conti correnti dei lavoratori sfruttati, di cui la consorteria poteva disporre autonomamente, nonché dal rimborso forzoso delle spese di vitto e alloggio che rendevano, di fatto, indissolubile il legame tra il lavoratore sfruttato e gli indagati, che si protraeva anche dopo l’estinzione del debito iniziale. Tale profitto veniva in parte trasferito in India e in parte utilizzato per l’acquisto di ulteriori abitazioni da destinare a dimora obbligata dei lavoratori, in modo da alimentare e accrescere il sistema di sfruttamento della manodopera.

Category: Cronaca

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