UMBERTO PALAZZO, “uno dei musicisti più integri e coerenti della recente storia musicale italiana“, IN CONCERTO A GUAGNANO. leccecronaca.it E’ ANDATA A SENTIRLO. E A FARGLI QUALCHE DOMANDA…

| 20 Maggio 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle ______ 

Una sera di tarda primavera funestata da una pioggia battente, un’auto che inizia un viaggio dalle propaggini di Leuca con destinazione un piccolo club nell’oltreleccese, una pendrive con dentro tutta la musica di Umberto Palazzo.

Potrebbe cominciare in questo modo il resoconto di un concerto che il circolo Arci Rubik di Guagnano ha ospitato sabato sera; protagonista sul palco è stato Umberto Palazzo, uno dei musicisti più integri e coerenti della recente storia musicale italiana.

E potrebbe continuare così.

Le prime note a farsi spazio sono quelle di “Canzoni della notte e della controra”, i tergicristalli tengono a bada il ritmo dell’acqua e la voce di Umberto dilaga: concreta, flessuosa, onirica.

Avrei voluto riandare con ascolti random tra gli album di Umberto solo e quelli con Il Santo Niente, per arrivare preparato al pre-concerto e all’eventuale intervista, ma “Canzoni della notte e della controra” non dà tregua, stordisce di bellezza, reclama un ascolto completo. Intanto la statale brilla di luci e rallentamenti, Terzetto nella nebbia, La luce cinerea dei led, La marcia dei basilischi, La luce del mattino e via via gli altri brani avvolgono dentro una magia malinconicamente tenera, confermandosi perle di un cantautore maturo e sopraffino, capace di creare testi densi di richiami mai banali e atmosfere che si insinuano sottopelle come microchip che fidelizzano per sempre.

A metà strada, all’imbocco della galleria, è la volta di Cristo nel cemento, un blues lento e tragico che apre i varchi a “Mare tranquillitatis”, l’ultimo disco intestato a Umberto Palazzo e il Santo Niente. Poi a ruota, Le ragazze italiane, Un certo tipo di problema, Maria Callas, Primo sangue e Sabato Simon Rodia. Solo sei tracce per un album che incarna un’idea di art-rock composto da spazi ipnotici, a tratti deviati e sensuali ma direttamente connessi a certo rock teutonico e al percorso del musicista in questione.

È passata più di un’ora quando entro in città e oltrepasso un cartello di benvenuto: Guagnano, città dell’olio e del vino. Non ho più tempo per sottoporre ai raggi X la musica di Umberto Palazzo, mancano un centinaio di metri al Rubik econtinua a piovere, a questo punto il racconto può andare in presa diretta.

Quando entro nel locale Umberto sta finendo Il sound-check, ci salutiamo e ci sediamo a scambiare quattro chiacchere che si trasformano presto in intervista. Le domande che vorrei fargli sono tante ma il tempo è tiranno, i responsabili del Rubik ci dicono che manca poco all’inizio del concerto, per cui gli chiedo un po’ di cose, curiosità che covano da anni, tipo: come mai nonostante lui abbia avuto un ruolo importante nei Massimo Volume di “Stanze” (il primo album della band) non venga citato? La risposta che ne è seguita è un po’ amara, racconta di una scelta che non è stata indolore per Umberto: La band lo ha praticamente scaricato, tenendo tutto il lavoro fatto da lui senza discuterne. Poi i Massimo Volume hanno fatto la loro strada e Umberto ha fatto la sua con il progetto “Il Santo Niente”.

È proprio lui a raccontare i fatti: “A marzo del 1993 mi ritrovai senza band e senza repertorio, perché avevo lavorato per tre anni al mai realizzato secondo album degli Allison Run, e per altri tre anni a quello che poi sarebbe diventato “Stanze”. Avevo solo una canzone, Elvira, e qualche abbozzo: la musica de Il Pappone, il feedback de L’aborigeno e il testo di Storia breve. A quel punto non sapevo neanche se avrei continuato a suonare, quindi andai un paio di mesi negli Stati Uniti, con una mezza intenzione di restare lì. Sono stato tutto il tempo in giro da solo ed è stata una vacanza meravigliosa e molto fortunata.

Vidi concerti bellissimi (ad esempio P.J Harvey con Radiohead e Gallon Drunk di supporto, al Lollapalooza del 1993) e mi tornò la voglia di suonare. Tornato in Italia in tre mesi scrissi buona parte de “La vita è facile“, quello che poi divenne l’esordio del Santo Niente. Lo scrissi a Vasto, non a Bologna. Con Cristiano Marcelli e Fabio Petrelli diedi vita al Santo Niente e realizzai un demo con nove pezzi, poi ad un certo punto finirono i soldi. Visto che passavano in città gli esordienti CSI, pensai di fare un tentativo consegnando una copia del demo a Gianni Maroccolo. Non sapevo ancora del Consorzio, ma sapevo che faceva il produttore. Andò bene“.

E gli Allison Run? Gli chiedo. Mi racconta dell’incontro con Amerigo Verardi con cui ha fatto parte del gruppo (Amerigo si materializzerà di lì a poco, ed è stato un piacere scambiare qualche parola anche con lui), della bella esperienza che è stata e dell’ottimo rapporto che i due hanno ancora a distanza di tanti anni. Poi parliamo di “Belvedere Orientale”, il suo ultimo disco. Gli dico che mi sembra pop, lui mi corregge sul fatto che forse un tempo poteva essere considerato pop, oggi sono i generi che vanno dalla trap alle canzoni di Ultimo a essere pop, semmai si potrebbe parlare di retro-pop.

Il tempo incalza e lascia mille domande inevase, ma è stato piacevole parlare con Umberto. Mi ordino una Becks e mi accomodo a due passi dal palco. Non c’è tanta gente, qualche ragazzo rumoreggerà anche durante l’esibizione di Umberto, ma i più sono concentrati.

Il concerto si articola in tre parti cucite in una lunga suite. Si inizia con pezzi da “Belvedere orientale” e da “L’eden dei lunatici” (suo secondo album solo): Paolo, Ivo e Angelo, (la per me speciale) Qui, poi Il Moscone, Melodramma, La riviera e Ondina.

La parte centrale è dedicata a “Canzoni della notte e della controra” (a riprova dell’importanza anche per l’autore di questo album) e in chiusura zapping tra la discografia del Santo Niente e l’esecuzione di È aria, il brano che fa parte della colonna sonora di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, il film tratto dall’omonimo romanzo di Enrico Brizzi.

È poco più di mezzanotte, dopo un paio di bis Umberto depone la chitarra e scende a chiacchierare con qualche fans; si è fatto tardi anche per me, saluto Umberto Palazzo e Amerigo Verardi che è restato per tutto il tempo e mi avvio alla macchina.

Piove ancora, ma lentamente. Per il ritorno ho già pronta la musica che mi accompagnerà: “Something about Joy Division“, uno splendido album tributo ai Joy Division del 1999 (proprio oggi ricorre l’anniversario della morte di Ian Curtis), dove Umberto insieme agli Allison Run sono presenti con il brano Ceremony, insieme ad altri gruppi che hanno fatto la storia della musica alternativa italiana: dagli Afterhours ai The Carnivals of fools (poi diventati La Crus), dagli Orange Party ai Silvers Surfer e tanti altri.

Category: Cultura, Eventi

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