LA GIORNATA DI UNO SPAZZINO RACCONTATA DA MICHEL SIMONET IN UN LIBRO SORPRENDENTE, DA SCOPRIRE

| 11 Giugno 2025 | 1 Comment

di Francesco Rodolfo Russo _________

La premessa di Michel Simonet su «Lo spazzino e la rosa» (168 pagg. 15 euro, Anima Mundi Edizioni, 2023) è invitante: si tratta di una narrazione in prosa che penetra come un’ammaliante poesia che compare subito dopo a firma del membro della prima scuola letteraria francese la cosiddetta Pléiade, il poeta e umanista francese Joachim du Balai che indica l’«Itinerario».

L’Autore, che svolge il lavoro di netturbino a Friburgo, comune svizzero di circa 38000 abitanti, con arguzia e umoristicamente individua dodici modi di definire lo spazzino. “È un lavoro ingrato” scrive “ma non privo di grazia […] un mestiere indubbiamente sporco, ma non uno sporco mestiere” precisa “che privilegia l’intimità.” In sintesi, un lavoro solitario che costringe ad andare d’accordo con se stessi.

La narrazione prosegue con il risveglio alle quattro e quaranta del mattino. Da quel momento lo spazzino descrive lo svolgersi della sua giornata: parte alternando al racconto in prosa la narrazione poetica, come quella dedicata alla «Domenica d’estate», intensa, bella.

La giornata di lavoro è espressa nei vari momenti. Saltiamo il nome degli attrezzi e la riunione nel deposito prima di partire e arriviamo, dopo le prime ore di lavoro, al buffet della stazione di seconda classe frequentato anche da drogati, barboni, attaccabrighe e festaioli che in quel luogo terminano il giro dei bistrot.

Simonet spiega di aver lasciato “un’occupazione asettica e di tipo burocratico” e di aver scelto una professione-vocazione per “operare manualmente sotto un cielo variabile.” Spiega che percorrere i quindici chilometri giornalieri gli offre l’opportunità di incontrare vari caratteri umani: persone dirette, impulsive, timide, scorbutiche. Ci sono i chiacchieroni, gli incontinenti emotivi, i monocordi. L’Autore tratteggia brevemente ognuno di loro, a volte la descrizione è fulminante. In questo modo diviene allievo di tanti maestri di passaggio.

La strada è il regno dello spazzino; un luogo ora dormiente ora agitato, cortese e volgare, mite e violento. Un mestiere “applicato” che Simonet paragona a un mandala.

Arriviamo alla rosa del titolo e alla spiegazione sul perché è posta sul carretto. Il gesto non nasce da una riflessione filosofica né da uno slancio poetico tantomeno da un impeto romantico ma da un grido del carretto: “Ho un aspetto schifoso con addosso un metro cubo di rifiuti, rifammi il look con un bel lifting naturale.” La rosa è una forma di respirazione, un rosario, una sorta di necessità spirituale.

Segnaliamo, a titolo d’esempio, alcuni personaggi – Re Mida, il pittore Kurt Schwitters, l’artista brasiliano Vic Muniz e Dostoevskij – citati a proposito i quali arricchiscono la storia senza appesantirla.

Simonet, infine, vede una parentela tra il suo mestiere e la vita monacale: “sveglia a ore antelucane, regolarità nei gesti e negli orari, stabilità nel tener fede a un compito in un luogo definito – chi molla subito non dura a lungo – pazienza nel ricominciare di continuo.”

A poche pagine dalla fine, c’è la felicità dell’Autore narrata in sette versi.

Category: Cultura, Libri

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Comments (1)

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  1. Monica ha detto:

    Descrizione perfetta per un libro semplice ma toccante!!! Come sempre Francesco, riesci nelle tue narrazioni arrivare al cuore, grazie all’autore che dà un umile lavoro, come dice lui “sporco” descrive così bene la strada..
    Grazie per questo romanzo capolavoro della letteratura italiana

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