ROMA AMOR, DA PIER PAOLO PASOLINI AD ACHILLE LAURO

| 27 Giugno 2025 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo __________

“Voglio fare qualcosa di bello per Roma. Sono innamorato di questa città, sono molto legato alle periferie, alle persone che le vivono e ai loro problemi”.

Lui, che è nato a Verona, da genitori uno pugliese e l’altra veneta, che ha un nome d’arte che ricorda proprio senza legame alcuno Napoli, ma che nella capitale è cresciuto e vive ancora.

L’ha fatto.

E’ una testimonianza d’amore per la propria città e nella fattispecie per la capitale fra le più belle del panorama musicale italiano. Forse – ma è impressione mia e comunque bisogna tener conto di un contesto musicale diverso – “Roma capoccia” di Antonello Venditti rimane la più bella, però dai… Che cosa ha fatto?!? Che canzone ha scritto per la sua città, Achille Lauro!?!

I cantanti leccesi e salentini in generale invece con Lecce città non si sono mai cimentati e per Lecce nella musica contemporanea abbiamo solo fugaci quanto insignificanti accenni, qua e là sparpagliati fra questo e quella.

Nell’ “amor” palindromo di Achille Lauro c’è invece un concentrato dirompente di emozioni.

C’è anche se solo sullo sfondo l’eco chiarissima delle periferie pasoliniane, dei versi dentro ‘Il pianto della scavatrice” e pasoliniane sono fortissime le sperimentazioni linguistiche del testo e del video, anche se quell’italiano da omologazione televisiva non sarebbe piaciuto a Pier Paolo, bolognese di nascita, friulano di crescita e romano d’adozione, che a Roma fu amato dall’unica donna amorosa sex della sua vita, Maria Callas.

C’è musicalmente, fra l’altro in una semplicità soprendente, son quattro accordi in tutto, una fresca reinvenzione neomelodica, che per uno che nasce rap è una specie di miracolo che si rinnova…

“Per te che mi fai sempre quell’effetto della prima sera”…

Come l’amore, infatti. Roma è la città prediletta degli innamorati, autoctoni, o turisti per caso che siano, fra ponti chiese musei librerie stazioni fermate della metro stadi studi alberghi bar della storia e trattorie della cronaca.

Una malattia del’anima, da cui non si guarisce e che fa star male:

“sarebbe facile amare se conoscessi la cura”.

Tanto non ce n’è.

E cosa resterà, dopo l’ultima notte, sotto un cielo immenso, a dormire abbracciati?

Niente, solo un fammento di eternità.

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura

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