CLAMOROSO A CORIGLIANO D’OTRANTO. CONTESTATA L’ESIBIZIONE UFFICIALE DELL’ORCHESTRA DELLA NOTTE DELLA TARANTA, CHE ABBANDONA IL PALCO, MENTRE IL POPOLO FESTANTE SUONA I TAMBURELLI E BALLA LA PIZZICA
di Giuseppe Puppo ___________ Sono anni, come leccecronaca.it ha documentato, denunciato e seguito, almeno fino a qualche anno fa, quando abbiamo finanche smesso di scriverne, nel momento in cui il processo verso un format televisivo globalizzato tipo Festival di Sanremo, anche se ad agosto invece che a febbraio, ci è embrato irreversibile, che il concertone della Notte della Taranta e tutte le attività del carrozzone ad esso collegato non ci interessa più, in quanto Salentini.
Ieri sera è successo però qualcosa di stupefacente di cui dobbiamo dare conto, a Corigliano d’Otranto, dove era in programma la prima delle serate del Festival itinerante della Notte della Taranta che ogni anno precede la notte vera e propria a Melpignano.
E’ successo che l’esibizione dell’orchestra in programma – il gruppo “Il canto della frontiera” con protagonisti i fratelli Redi e Ekland Hasa, Cesare Dell’Anna e Irene Ugo – è stata clamorosamente contestata e interrotta dagli spettatori, i quali hanno improvvisato un ‘contro concerto’ popolare con i tamburelli e con i ritmi tradizionali salentini.
I musicisti contestati hanno abbandonato il palco, non senza polemiche, per la gioia dei suoni e dei balli dei contestatori.
E’ qualcosa di clamoroso.
Qui non sono stati i critici severi, gli artisti estromessi, gli intellettuali alternativi, i politici d’opposizione – anche se poi per esempio la nuova amministrazione di centro destra a Lecce continua a finanziare la Fondazione – a parlare, come è avvenuto finora, senza esiti.
Qui a parlare è stata la vox populi. Ieri sera è stata vox populi, vox Dei a dire basta ad una manifestazione snaturata, ‘contaminazione’ dopo ‘contaminazione’, fino a farla diventare un surrogato da Eurovision Song Contest che non ha più nulla della valorizzazione del nostro patrimonio culturale e della tradizione salentina.
Come, da par suo, il nostro Valerio Melcore diceva già tutto l’anno scorso con una semplice vignetta che per l’occasione abbiamo recuperato dall’archivio di leccecronaca.it
Ora, i responsabili artistici, culturali e politici della Notte della Taranta, di fronte a quello che è avvenuto ieri sera, farebbero bene a non storcere il naso e a non fare spallucce, come loro solito, bensì farebbero bene a riflettere. A lungo. A livello operativo.
Un aiutino?
Leggano la riflessione postata oggi su Facebook da Fabio Fuso, presidente dell’associazione commercianti di Corigliano d’Otranto, che è poi solo una delle tante spiegazioni del dissenso popolare diffuse tramite social in queste ore:
“Con grande amarezza sento il dovere di esprimere una profonda delusione per quanto accaduto ieri sera durante la serata della Notte della Taranta nel nostro paese.
Quella che doveva essere una serata dedicata alla tradizione, alla pizzica e ai suoni del nostro Salento, si è trasformata in tutt’altro. Sul palco non c’era un tamburello, non si è suonata la pizzica, non c’era nulla che richiamasse davvero lo spirito della Taranta. Mi chiedo, quindi, con quale criterio si possa ancora chiamare questa serata Notte della Taranta, quando di taranta non resta nemmeno il nome.
Vorrei capire chi approva la direzione artistica di questo evento, perché è chiaro a tutti che la direzione intrapresa è del tutto sbagliata. Il mio pensiero va alla nostra tradizione, quella che da anni ci distingue, e che ho paura possa andare persa, se si continua su questa strada.
Come Presidente dell’Associazione Commercianti chiedo con forza che ci sia più controllo, più attenzione e più rispetto per la nostra identità culturale. Chi di competenza deve muoversi: non possiamo restare spettatori di questa deriva artistica che tradisce le nostre radici.
Corigliano è il paese che ogni anno inaugura la Taranta. La figura la fa anche il paese, inevitabilmente. La colpa non è interna, questo è chiaro a tutti, ma proprio per questo motivo qualcuno dovrebbe alzare la voce e contestare una direzione artistica che non ci rappresenta e che ci snatura.
Non è una polemica contro nessuno, ma una riflessione amara e doverosa. La tradizione è il nostro cuore pulsante: perderla sarebbe un errore imperdonabile”.
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