INCONTRO CON DON DOMENICO CRAVERO, FONDATORE DELL’ASSOCIAZIONE SOLIDARIETA’ GIOVANILE: DAL METODO “AGRICOLTURA”, AL NATALE NELLA SUA PARROCCHIA CON I QUADRI DI VAN GOGH

di Cristina Pipoli _____________
A pochi giorni dal Santo Natale, incontro un grande uomo.
Mi aspetta con il sorriso, abito comodo, semplicità assoluta senza eccedere in ori, richiamo alla vita umile della Chiesa cattolica.
Sono a Poirino, in provincia di Torino, dove don Domenico Cravero mi racconta la sua vita, fatta di missione concreta e operativa.
D- Quando nasce questo attivismo?
R- “Nasce il primo novembre 1975. Prima di essere prete vivevo in una città della periferia di Torino che sia chiama Venaria; mi incontrai con una unità di recupero per tossicodipendenti e di lì incominciai a entrare nella problematica che all’epoca conoscevo molto poco.
Io provenivo da Cuneo, da un posto tranquillo. Ero estraneo a certi comportamenti giovanili. Ma parlando, rapportandomi con loro ho iniziato a interessarmi dei loro racconti, a frequentarli sempre all’interno della loro comunità terapeutica. La comunità di accoglienza. Da lì ho continuato con questa attenzione, da allora fino a oggi continuo a essere presente nelle varie parrocchie dove sono stato. La mia priorità è il popolo, la vita della gente. In tutte le comunità dove sono stato, molto diverse, ho continuato sempre questo aspetto. Su di esso ho costruito la mia formazione, il mio percorso scolastico”.
D- Quali studi ha intrapreso?
R- “Oltre la teologia, che mi ha permesso di diventare prete, ho preso la laurea a indirizzo psicologico, ho fatto pratica e poi tutta una pratica per anni interrottamente e sono diventato psicologo e poi psicoterapeuta”.
D- La formazione costante per lei significa rinnovarsi?
R- “Assolutamente sì, infatti non ho mai smesso nonostante gli anni”.
D- Arrivando agli anni Novanta, cosa ci racconta di quel periodo?
R- “Ho partecipato alla prevenzione per l’Aids con un camper e in base a questa esperienza, forte anche nell’ambito della prostituzione, ho aperto due consultori per adolescenti. Per poter fare questa cosa ho frequentato la scuola di Firenze di sessuologia clinica. Nelle scuole superiori di Torino ho anche avviato corsi di educazione sessuale”.
Educatore, prete, attivista. Ecco un ottimo esempio da seguire se vogliamo applicare al meglio i principi base del cattolicesimo.
D- Si è anche interessato di politica?
R- “Dal 1989 al 1990 ho seguito la scuola di politica della diocesi, che era un’esigenza molto forte. Anche perché erano gli anni della crisi e del vuoto politico. Era il periodo delle scuole pioneristiche, una a Palermo e l’altra a Milano. Io sono stato incaricato di aprire quella di Torino. La mia formazione però non era politica, ma psicoterapeutica. Quindi ho dovuto intraprendere il percorso di studi dell’università di scienze politiche che mi ha permesso di avere quel minimo di competenza con cui ho diretto questa scuola per una ventina di anni”.
D- Ha mai pensato di diventare un giornalista, visto il suo percorso formativo?
R- “No, però ho scritto tantissimo. E collaboro con tante riviste di carattere educativo”.
D- Quando ha aperto la prima comunità?
R- “La prima nel 1984 e da allora le ho sempre avute. Ho individuato come strumento il rapporto ecologico con la terra. C’erano pochissime aziende biologiche degli anni Ottanta in Piemonte per cui ho adottato il metodo biologico Agricura, in cui c’è il rifiuto totale della chimica, sia nella concimazione, sia per il trattamento delle patologie vegetali. Su questo non sono mai venuto meno. Dalla cura della terra che è madre quindi genera, sono più gradualmente passato alla mia prima formazione, che da quella ecologica. Ho sempre utilizzato la terra e le pratiche agricole specifiche come cura terapeutica”.
D – Quindi ha a cuore la tutela del suolo e del suo non inquinamento?
R- “L’avvelenamento del suolo significa avvelenamento del corpo umano”.
D- Con questa sua scelta sente di aver scelto di combattere le ecomafie?
R- “Non esplicita, non a livello politico. Perché non ho mai fatto una scelta di militanza politica. Ho fatto una scelta di cittadinanza attiva”.
Un viaggio nel tempo, la situazione critica del Piemonte negli anni passati, le ripercussioni politiche. Il tempo si ferma, ascolterei sempre questa persona da forti ideali. Don Domenico mi confida che mai nessun giornalista è andato così a fondo, con domande così sensibili. Avviene uno scambio educativo e generazionale, non sono una cattolica, è vero, ma è il cattolicesimo il primo a sostenere che chi è mosso da ideali di giustizia mette in pratica isuoi principi. Principi a cui tutti dovremmo essere chiamat, ma che pochi rispettano.
Sono un’educatrice felice, perché don Domenico non si rifiuta di aprirsi, di raccontarsi e di raccontarmi. È sempre vigile e presente, un uomo ormai adulto, ma con una memoria di ferro, che mentre è seduto ha le gambe incrociate e le mani incrociate tra le sue ginocchia. Una scena da dipingere, un sedersi non comune, molto intellettuale direi.
D- Cosa prevede il suo metodo Agricoltura?
R- “È il metodo che ho sperimentato in questi anni, ma per avere un riconoscimento scientifico ho dovuto prendere la carriera di un dottorato industriale nella città di Modena che è stata quella che ho trovato più sensibile al problema. Cinque anni fatti di ricerca empirica, dove ho validato questo strumento. In questo ambito servono sia gli educatori, sia i terapeuti. L’orientamento psicoterapeutico dà molto valore all’impronta educativa”.
D- Cosa vuole dirci sul Natale dal punto di vista cattolico e psicologico?
R- “Ho proposto e sto realizzando con la mia parrocchia una riflessione che mette insieme i piani biblici di grande speranza in questo tempo di Avvento con il percorso artistico di Van Gogh.
Sono partito dal suo quadro più drammatico, quello del campo di grano e dello stormo di corvi e della strada che si perde nel nulla. Il pittore rappresenta la follia del mondo che trova all’interno della sua stessa difficoltà e della sua stessa follia. Vediamo la situazione drammatica del mondo di oggi sia sul versante della distruzione della natura, sia sul versante dell’incapacità di vivere insieme da umani e non da persone che si uccidono reciprocamente.

Ma ho utilizzato anche il quadro intitolato ‘I primi passi’, che io considero un capolavoro di tenerezza, dove un padre contadino, in una condizione di miseria, molto povera, mentre sta zappando, accoglie tra le braccia i primi passi di sua figlia che sta imparando a camminare ed è un percorso stupendo, per riflettere sua cosa sia il Natale”.
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