LA RAI, LA MAFIA, LA MASSONERIA E IL PD

| 8 Aprile 2022 | 0 Comments

di  Valerio Melcore ______ La RAI, è uno stipendificio in cui i partiti di sinistra nei decenni hanno collocato i loro giornalisti e conduttori, che percepiscono stipendi favolosi. A dirlo è uno  che conosce bene le segrete cose interne alla RAI, si tratta del deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi il quale occupandosi di uno dei volti noti  dello schermo televisivo, scrive: “Officina, la società di Fabio Fazio creata per produrre la sua trasmissione Rai ’Che tempo che fa’, in un anno ha triplicato il fatturato, arrivando a 11,05 milioni di ricavi (da 3,83 milioni, ndr). Si tratta di soldi che arrivano interamente dall’appalto della Rai, unico cliente della Srl”. Poi c’è lo stipendio, che il compagno Fabio Fazio che in qualità di giornalista percepisce, a darcene conto è  lo stesso Fazio che ammette di aver percepito un cachet pari a 2 milioni e 240 mila euro l’anno per quattro anni.
Da ricordare che Che tempo che fa è in onda dal 2003, 19 anni per rendersi conto delle vagonate di denaro che vengono dati a questi personaggi per non si capisce quali meriti speciali abbiano. Noi continuamente parliamo di casta riferendoci alla classe politica, ma i nostri politici rispetto a questi che lavorano in Rai sono dei poveracci.

Oltre 13 milioni di euro l’anno, come stipendio per una trasmissione il cui unico appeal sono i personaggi famosi che dal tutto il mondo partecipano alla trasmissione in quanto super pagati dalla RAI.
Quindi altri milioni di euro spesi per far funzionare la Trasmissione di Fazio. Poi ovviamente ci sarebbe un altro personaggio che fa parte dell’esercito della sinistra, parliamo di Luciana Lipizzetto che dovrebbe far ridere, ma il più delle volte con la sua volgarità genera solo disgusto.
Ma a documentare gli sprechi della RAI in questi mesi ci sta pensando Striscia la Notizia, tramite il nostro corregionale, il simpatico Pinuccio che con la sua satirica “Rai Scoglio”, documenta le spese di inesistenti redazioni estere, oppure dei soldi spesi per lavori fatti passare come realizzazioni RAI, mentre invece sono produzioni di emittenti estere cui è stato cambiato solo il titolo,  stipendi a Direttori di canali RAI che non hanno mai trasmesso, poi ci sono addirittura le promozioni per meriti sul campo, come è avvenuto per Fabrizio Ferragni, il direttore di Rai English, il canale in inglese della tivù di Stato. Quello, annunciato nel lontano 2018, che non si è mai acceso.
Evitiamo di stilare la lunga lista di facce che compaiono sullo schermo di mamma RAI, la maggior parte di questi provenienti tutti dalla stessa area politica e culturale, quella della sinistra, spesso dell’estrema sinistra.
Ma al PD non basta, ed ecco che nonostante ci siano circa 2000 giornalisti sul libro paga della RAI, che il più delle volte si grattano la pancia in attesa che gli venga dato uno spazietto per comparire sullo schermo, la conduzione di una trasmissione che dovrebbe partire a breve viene data  ad uno esterno, il giornalista Marco Damilaano che in questi giorni si è dimesso da Direttore dell’Espresso di proprietà della  famiglia Agnelli, anzi per essere precisi di proprietà dell’ingegnere John Elkann, presidente del gruppo Gedi al quale rimprovera di aver ceduto ad un altro imprenditore, la storica testata della sinistra rossa che più rossa non si può.

Marco Damilano è  anche un volto molto noto in televisione in qualità di ospite fisso ormai da anni compare in numerosi talk show, da Gazebo a Propaganda Live è ospite fisso di un altro compagno partito e di merenda, il conduttore Diego Bianchi su RAI 3,  che lo chiama a ricoprire il ruolo di opinionista, opinioni, le sue e quelle di Bianchi, che ricordano quelle che una volta avvenivano all’interno delle sezioni del PCI.
Stavolta però anche i compagni presenti in RAI e che da tempo aspettano il loro posto al sole, o meglio di avere un minimo di visibilità attraverso lo schermo televisivo hanno protestato, la tentando che si tratterebbe  di una ulteriore spesa che la televisione di Stato vorrebbe fare, insomma i giornalisti del Tg1 e del Tg2 insorgono contro Marco Damilano,  i quali sostengono che con quasi duemila giornalisti disponibili, non si comprende perché la tv pubblica dovrebbe affidarsi a un esterno. Ed invece noi lo comprendiamo benissimo, perché Damilano con i suoi toni pacati e la sua barba da francescano è un ottimo strumento di propaganda contro Salvini, contro la Meloni e con i suoi noti cavalli di battaglia contro Berlusconi,  tenta di portare acqua al mulino del partito di Letta, al Partito Democratico. Non si tratta di pregiudizi, ma di una sintesi del lavoro svolto da questo giornalista nell’ultimo decennio.
Sia ben chiaro la colpa non è della sinistra, che nonostante abbia un migliaio di giornalisti in RAI cerca di arruolarne altri, la colpa è del centro destra, che non è capace di infilare i suoi uomini.
E adesso restiamo sempre a Roma in viale Mazzini.
E dal giornalismo ci spostiamo alla fiction.
I giornali non ne hanno parlato, le televisioni men che meno, non dico la RAI ma neppure le concorrenti, e questo ci fa capire di come vanno le cose in Italia e quale sia l’informazione nel nostro paese.
Per fortuna esiste la Rete.
Noi lo abbiamo appreso casualmente leggendo un messaggio sui social, scritto dalla figlia di un uomo ammazzato dalla Mafia, la Senatrice Sonia Alfano.
L’uomo, la vittima di Mafia, questo nostro eroe dimenticato, mai celebrato, si chiamava Beppe Alfano.

Ecco cosa scrive la figlia Sonia sulla su pagina Facebook:

“Considerato che ultimamente diverse persone hanno chiesto spiegazioni in rete su alcune forme di censura, oggi provo anche io a porre una domanda per conoscere la verità sulla censura della fiction su mio padre, Beppe Alfano. Infatti, circa 10 anni fa Raifiction affidò il progetto di stesura della sceneggiatura della fiction a Graziano Diana. Dopo diversi mesi di lavoro tutto venne bloccato e a me fù detto informalmente che c’era stato un “intervento politico contrario alla messa in onda della fiction”. Nessuna ulteriore spiegazione fù fornita a me e credo nemmeno a Graziano. Oggi mi piacerebbe conoscere se realmente qualcuno intervenne politicamente e sopratutto chi. Lotta alla mafia significa soprattutto fare il proprio dovere e dire la verità, sempre. Chissà se a distanza di 10 anni qualcuno avrà il coraggio di raccontare come andarono le cose”.
E così scopriamo che Beppe Fiorello aveva girato un altro film sulla Mafia,  ma qualcuno ha posto il veto per questo non è stato mandato in onda.

Infatti dopo lo straordinario successo de La Vita Rubata,  con il quale aveva vinto la serata dei reality, Beppe Fiorello era passato alla realizzazione di una fiction dedicata ad Beppe Alfano, giornalista assassinato nel 1993 dalla Mafia.
A raccontare di questo progetto c’è stata Giorgia Iovane la quale a suo tempo scriveva: “Beppe Fiorello è rimasto particolarmente colpito dall’esperienza fatta sul set de La Vita Rubata: una svolta nella sua carriera professionale e soprattutto una svolta nella sua vita privata. La presenza sul set del fratello di Graziella Campagna, Pietro, ruolo che ha interpretato nella fiction, gli ha cambiato la vita, come ha confessato…Un’esperienza del genere non si dimentica e anche per questo Beppe Fiorello si è immerso in un nuovo progetto biografico su un’altra vittima della mafia, Beppe Alfano, per una nuova fiction che realizzerà sempre con Graziano Diana, il regista che ha firmato anche La Vita Rubata. La sceneggiatura è in preparazione e porterà la firma di Stefano Marcocci e di Domenico Tommasetti, oltre che di Diana”.    – La giornalista poi prosegue –    “Beppe Alfano era un professore con il pallino del giornalismo coltivato negli anni ’70 con le radio libere, poi con le televisioni locali, fino poi ad approdare a La Sicilia come corrispondente dal messinese. La sua attività di giornalista, negli anni confusi di tangentopoli e della nuova lotta di mafia, dà fastidio ai boss locali che ne decidono l’assassinio. Verrà ucciso davanti casa, a Barcellona Pozzo di Gotto, l’8 gennaio del 1993. Il primo processo, arrivato al terzo grado di giudizio, viene annullato e si ricomincia tutto daccapo nel 2002. Il processo è ancora in corso e probabilmente si verificheranno per questa fiction ancora in embrione gli stessi problemi di messa in onda vissuti da La Vita Rubata.  In ogni caso la vicenda che ha portato alla morte di Alfano è, se possibile, ancora più intricata di quella che ha visto la condanna a morte di Graziella Campagna.”
Viene approntata la sceneggiatura si girano le scene ma ad un certo punto è arrivato uno stop dalla politica, e non è difficile capire da quale parte politica, non è difficile sapere quale partito  comanda in RAI, così come note erano le simpatia politiche di Beppe Alfano che aveva militato nel Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale.
Si sa, ci sono morti di serie A e morti di serie B, quelli che la sinistra può strumentalizzare per farsi propaganda e quelli che invece cozzano con il racconto che il PD ama fare.

 Sonia Alfano ha denunciato come sulle indagine del padre ci siano stati depistaggi, giudici corrotti, false dichiarazioni di parte di un Pubblico Ministero, perché le sue indagini giornalistiche non si fermavano ai mafiosi, ma coinvolgeva massoni, esponenti politici ed imprenditori. Sonia  Alfano ha depositato una memoria composta da oltre un centinaio di pagine, con la quale documenti alla mano dimostra gli innumerevoli depistaggi avvenuti, fa nome e cognome del responsabile, il quali ha operato con la complicità di apparati istituzionali deviati. “Di tutto questo” – dice l’Alfano ” ne ho ampiamente parlato con il pm di Messina e sono fatti confermati anche da diversi pentiti”.

Insomma possiamo dire che in Italia ci sono le vittime di Mafia che anche dopo morte non ricevono giustizia, Beppe Alfano è stato ucciso tre volte: La prima dalla Mafia, la seconda dalla Giustizia e la terza dal servizio pubblico della RAI.

Category: Costume e società, Cultura, Politica

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