L’INCHIESTA / IL GIALLO SENZA PACE DEI ‘FIDANZATINI DI POLICORO’ – 3 / FAMIGLIE DIVISE, MA UNA TAC E UNA LETTERA INEDITA RIAPRONO IL CASO. SU CUI ADESSO UN EX UFFICIALE DEI CARABINIERI HA DETTO: “Non sono morti per incidente”

di Francesca Pinto ____________
Il caso dei fidanzatini di Policoro si riapre nella memoria: la madre di Luca chiede giustizia, la famiglia di Marirosa difende il silenzio. Una lettera e un esame medico riaccendono il conflitto dopo 37 anni.
Policoro non è più solo una vicenda giudiziaria: è diventato un campo di battaglia tra due famiglie che non si parlano più, divise da una lettera riemersa dopo quasi quarant’anni. Da una parte la madre di Luca Orioli, Olimpia Fuina, che da decenni chiede giustizia convinta che suo figlio e Marirosa Andreotta siano stati uccisi; dall’altra la famiglia Andreotta, che difende la memoria della ragazza e respinge con fermezza ogni ipotesi di omicidio, ritenendo che le nuove rivelazioni siano solo un modo per riaprire ferite che non si rimargineranno mai.
Tutto è esploso con il ritrovamento di una lettera scritta a mano da Marirosa, mai acquisita agli atti e resa pubblica solo ora. In quelle righe, la giovane scrive al fidanzato:
“Spero che resterai accanto a me anche quando ti confesserò una piccola parte di me che voglio cancellare per sempre”.
Per la famiglia Orioli, quelle parole non sono un dettaglio: sarebbero la chiave di un contesto mai indagato, una testimonianza che merita di essere esaminata per intero insieme alle altre lettere custodite. Per la famiglia Andreotta, invece, si tratta di un’invasione della sfera più intima di Marirosa e di un uso strumentale della sua memoria. “Tutte le lettere di Marirosa erano già state consegnate, tranne questa,” hanno dichiarato in un comunicato diffuso a ottobre, “e non è accettabile che si costruisca un nuovo mistero attorno a parole private di una ragazza che non può più difendersi”.
Il dissenso si è trasformato in rottura definitiva.
Olimpia Fuina, invitata nella trasmissione Storie di Sera di Rai 1 il 3 novembre scorso, condotta da Eleonora Daniele, ha lanciato un appello alla famiglia Andreotta: : “Uniamo le forze e cerchiamo insieme la verità. Non mi posso fermare, questo dolore deve avere un senso”.
Dall’altra parte nessuna replica, nessun contatto, solo silenzio.
Nello stesso programma, l’ex ufficiale dei Carabinieri Salvino Paternò ha rotto un silenzio durato anni dichiarando:
“Questa è la storia di una non indagine. Anche se per quattro anni, dal 1994 al 1998, ho svolto le indagini con la mia squadra sui fidanzatini di Policoro, la nostra attività investigativa non è mai stata attivata dalla Procura di Matera. Posso dire che i fidanzatini di Policoro non sono morti per un incidente”.
Un passaggio cruciale, perché conferma per la prima volta pubblicamente che le indagini svolte dai Carabinieri non vennero mai ufficialmente delegate dalla Procura e che, di fatto, il caso rimase senza un’attività investigativa completa. Paternò ha ricordato come la scena del ritrovamento fosse “incompatibile con la tesi dell’incidente domestico”: i corpi dei due ragazzi vennero trovati nel bagno della villetta di Marirosa, lui riverso a terra, lei nella vasca, con segni che a suo dire meritavano “accertamenti immediati mai disposti”. Per gli inquirenti di allora si trattò di un banale incidente elettrico, ma quella versione non ha mai convinto la famiglia Orioli, che da anni denuncia omissioni e depistaggi.
A rendere ancora più teso il clima ci sono oggi gli accertamenti medico-legali voluti proprio da Olimpia Fuina. Una nuova TAC, depositata alla Procura generale di Potenza, avrebbe rilevato “schegge metalliche compatibili con frammenti di proiettile” e l’assenza di alcuni organi interni che renderebbero impossibile ricostruire con certezza la causa del decesso.
Per la difesa è un indizio che rafforza l’ipotesi di una morte violenta e non accidentale. “Sorprende – ha detto il legale della famiglia di Luca Orioli – che per quasi quarant’anni nessuno abbia ritenuto necessario un controllo tanto elementare. È come se la verità dovesse restare sepolta con loro”.
Oltre all’esame medico, l’avvocato ha presentato un esposto alla Corte di Cassazione per chiedere che venga valutata la condotta dei magistrati che indagarono sul caso negli anni Novanta, parlando di “omissioni, ritardi e mancate acquisizioni di prove”. Ma la Procura di Potenza ha respinto anche questa volta la richiesta di riapertura, e la vicenda resta formalmente archiviata come “morte accidentale per folgorazione”.
Nel frattempo, la distanza tra le famiglie si è trasformata in una spaccatura insanabile. Da un lato la madre di Luca, che parla di “verità negata” e continua a invocare giustizia; dall’altro la famiglia di Marirosa, che denuncia “un’ingiusta esposizione mediatica” e difende il diritto della ragazza all’oblio. Una chiede di riesumare, l’altra di dimenticare. Dopo trentasette anni, resta solo una verità che continua a non appartenere a nessuno.
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( 3 – continua ) ________
LA RICERCA nei nostri articoli del 19 e 20 agosto scorsi
Category: Cronaca


























