MILANO: PROVE TECNICHE DI UNA NUOVA STRATEGIA DELLA TENSIONE

| 4 Maggio 2015 | 0 Comments

di Roberto De Salvatore______

Per essere obiettivi la violenza sotto forma organizzata è presente da decenni sulle piazze italiane, non ce ne accorgiamo solo oggi dopo i fatti di Milano. Differenze solo terminologiche: una volta era il ‘movimento’ oggi sono i ‘black block’, ma non cambia molto. Allora come oggi passamontagna, volontà di fare casino, quando non di uccidere, ma ci andrei piano nel definirli solo dei ‘pirla’. Saranno anche individui dal quoziente intellettivo molto basso ma agiscono come diretti da una regia occulta, sanno in anticipo quali sono i percorsi da seguire, le azioni da compiere, dove dirigere la violenza.

Naturalmente tutti i media in questi giorni si prodigano ad analizzare, concettualizzare, filosofeggiare, profondersi in appassionati j’accuse contro il ministro Alfano, contro la violenza di genere tipica di questi casi. La strategia della tensione inziò nel 1969 con le bombe di Milano,  allora si veniva profilando una stagione di rivendicazioni sociali, i contratti in scadenza e una classe operaia sul piede di guerra, ma non di violenza gratuita. La strage di piazza Fontana doveva fungere da motorino di correzione della rotta del paese per dirigerlo verso soluzioni autoritarie che non vennero però, vanificando chi auspicava un ricorso alle leggi speciali, e di questo bisogna essere grati agli esponenti più in vista della DC di allora. Ma il fuoco continuò a covare, producendo in continuazione atti di violenza inaudita per i quali si può rinviare ad un qualsiasi manuale di storia contemporanea.

Sono passati in queste ore su tv e social network filmati sulle violenze di Milano, il più gettonato dei quali l’intervista al ragazzo che spiegava con un evidente compiacimento quello che era successo, definendolo una ‘bella esperienza’, definirlo solo un ‘pirla’ come ha fatto suo padre mi sembra riduttivo. Diciamocelo francamente, i centri sociali da cui proviene la maggior parte di questi decerebrati andrebbero chiusi per decreto, ma nessuno fa un passo avanti, forse perché la maggior parte dei black bloc proviene da famiglie bene, ed è sempre un problema toccare i rampolli dell’establishment. Risibile e non degno di commenti il Rolex al polso di uno degli scalmanati, le patacche si possono acquistare per pochi euro al mercato.

Ma un commento bisogna pur farlo per la strategia adottata dalle forze dell’ordine, non per colpa loro naturalmente ma della politica che ha dettato le direttive agli agenti impegnati nella manifestazione. Fa impressione vedere poliziotti e carabinieri pressappoco impotenti ad agire contro questo furore distruttivo. Ci sono in queste ore dei commenti costernati da parte della polizia ‘potevamo fermarli ma ce lo hanno impedito’. Perché? Perché non ci scappasse il morto? In nessun paese mi pare che questo sia il comportamento della polizia in tali casi, ed è per questo che molti dei black bloc che hanno devastato Milano venivano da paesi europei dove sarebbe stato impensabile che la polizia sarebbe rimasta inerme, ed è anche per questo che è condivisibile ciò che ha detto il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ‘sarebbe stato opportuno sospendere il trattato di Schengen’. Già, col senno di poi…

Ciò che fa riflettere però è la diversa strategia che è stata adottata dalle forze dell’ordine ieri a Bologna, dove la reazione non si è fatta attendere e decine di persone, con le mani alzate, non travisate da un cappuccio nero e soprattutto disarmate, che volevano solo interloquire con Renzi, sia pure per contestarlo (ma la contestazione pacifica fa parte della democrazia o no?) è stata manganellata di santa ragione dagli agenti delle forze dell’ordine. Due pesi e due misure. Forse era più facile e meno impegnativo bastonare persone inermi sia pure con il vizio di non volere stare zitte e manifestare il proprio dissenso ad alta voce contro Renzi, la cui sola esperienza mancante è quella di arringare le folle da un balcone, vista la deriva autoritaria che ha preso la sua politica, intollerante a qualsiasi critica, vendicativa al suo interno con chi dissente dalle direttive del ‘capo’.

Quello che si potrebbe temere, ritornando ai fatti di Milano, è che si crei nella gente la convinzione che di fronte ad una polizia che ha le mani legate sia necessaria un’altra cessione di sovranità del paese, quelle cessioni di sovranità tanto care a Monti e alla Boldrini, un fatto di una gravità sconvolgente per la nostra Costituzione, che benché abbia quasi settanta anni è ancora una garanzia per la democrazia nel nostro paese, che credo non siano in molti a volere ridotto come il Cile di Pinochet, ed il pericolo in questo senso è quello di voler esautorare, vista la ‘inefficacia’, le nostre forze dell’ordine in favore di una polizia europea, senza regole di ingaggio e assolutamente non imputabile, e in questo interesse i black bloc potrebbero essere funzionali allo scopo.

Intanto guardiamo con simpatia uomini e donne di Milano che puliscono le macerie della devastazione. Nei loro occhi è facile scorgere la proverbiale caparbietà e fierezza meneghina, loro non lo dicono ma scommetto che molti formulino nella loro mente pensieri di sapore manzoniano ‘Va, va, povero untorello, non sei tu quello che spianta Milano’.

Category: Costume e società

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