LA DANZA DELLE SPADE DI TORREPADULI NELLA STORIA

| 17 Agosto 2017 | 0 Comments

(Rdl)______Vi proponiamo l’articolo che lo scorso anno, in questo periodo, Valerio Melcore, tra l’altro insegnante di arti marziali, scrisse in merito alla Danza delle Spade______

(v.m.) Si è svolta ieri verso mezzanotte, la Danza delle Spade davanti alla Chiesa di San Rocco a Torre Paduli una frazione di Ruffano.
Come ogni anno, mentre il giorno 15 volge al termine e il giorno 16 inizia, i danzatori circondati da una folla festante, al suono dei tamburrelli ripetono quest’antico rituale, ai più noto come la Danza delle Spade.

Un vecchio danzatori, gli occhi luccicanti, non so se dovuto a qualche bicchiere di vino, o al sudore che scende copioso dalla fronte dei danzatori, spiega a mio figlio le origini dell’antica danza.

Una versione, l’ennesima che il popolo si tramanda da generazioni, ma che il tempo e l’intervento degli “uomini colti” hanno modificato.

Le tesi in merito alle origini della Danza delle Spade, sono molteplici, spesso contrastanti, noi senza avere la pretesa di avere la verità in tasca vi proponiamo la nostra.
La Danza delle Spade o Danza dei Coltelli, due modi di chiamare la stessa cosa con nomi diversi.
Perchè secondo la nostra ricostruzione, il duello prima e la danza con il coltello poi, derivano direttamente dalla spada.
In definitiva il coltello altro non è che una spada corta.

Non bisogna essere un esperto d’armi per comprendere, che tra una spada di 70 cm ed un coltello a serramanico che ha una lama di 30 cm poco cambia, perchè quando questo viene aperto la sua lunghezza supera i 60 cm
E anche la storia secondo cui il carcere era palestra dove si veniva iniziati all’arte del coltello certamente è vera, il “picciotto” quando veniva ribattezzato, dopo il tatuaggio dei tre punti, la prima tecnica che gli veniva insegnata era quella detta dei “Tre passi”, ossia una schivata, parata e affondo; chi pratica arti marziali marziali oggi direbbe un “tenchi irimi”, ma il duello con tutte le sue ritualità entra a far parte della cultura malavitosa solo in tempi più recenti.

Secondo noi la Danza delle Spade (o dei coltelli) deriva direttamente dalle tecniche della spada che una volta erano appannaggio dei nobili e successivamente anche in parte, delle “Guardie cittadine”.

Nell’archivio della biblioteca Provinciale ci dovrebbe ancora essere un “Manuale sulle Tecniche di Spada” del Seicento per le Guardie della città di Lecce.

L’ultima volta che ho tenuto in mano questo manuale era nella Biblioteca Provinciale Sigismondo Castromediano, ed ero insieme al compianto professor Gino Greco, storico ostunese, proprio per una ricerca che riguardava il centenario della nascita del Duca cavallinese a cui è intestata la biblioteca. Evidentemente posto lì per errore, nel carteggio tra i manoscritti del Castromediano, trovammo il manuale di spada citato.

Racconto questo per dire che non solo la conoscenza apparteneva ai nobili, ma addirittura, vi erano alcune tecniche riportate per iscritto, ad uso e consumo di coloro che erano chiamati a mantenere l’ordine pubblico.

Ma torniamo a chi deteneva la conoscenza delle tecniche di spada, ossia i nobili, e che ovviamente custodivano gelosamente, tramandandole da padre in figlio, perchè da ciò derivava spesso la salvaguardia del loro potere e della stessa vita. Infatti per molti secoli i duello era il modo più sbrigativo, ma anche più utilizzato, per regolare i conti.

Diversi erano i duelli, e a seconda della gravità dell’offesa, erano al primo o all’ultimo sangue, e anche le armi potevano essere diverse, ma tutti erano caratterizzati da rigidi rituali: vi erano padrini e arbitri che assistevano allo scontro, le armi erano identiche per i contendenti e il duello poteva avvenire solo tra persone di uguale rango. Mai un nobile si sarebbe abbassato ad accettare un duello con un popolano, tuttalpiù lo avrebbe fatto randellare dai suoi servi. Anche quando i duelli furono messi fuorilegge per molto tempo furono tollerati, sino a che ci fu un Decreto Regio che li proibì definitivamente, perchè erano diventati uno strumento tramite il quale con la scusa dell’onore si faceva fuori un rivale in amore o negli affari. E’ questo il periodo in cui si diffondono i cosidetti bastoni animati, ossia bastoni da passeggio al cui interno è celata una lama.

 

Ed ecco cosa ci dice il docente di storia professor V.G.Kiernan dell’Università di Edimburgo: il duello sarebbe nato in Italia e si sarebbe poi diffuso nei paesi anglosassoni, francesi e pure in Spagna attraverso gli emigranti italiani del primo periodo rinascimentale.

La frammentazione politica dell’Italia rendeva la legislazione in materia di duelli decisamente eterogenea…

Nel vicereame di Napoli occupato dagli Spagnoli già nel 1540 fu promulgato l’ordine di confisca e punizione amministrativa per chiunque avesse preso parte a un duello, a qualunque titolo: duellanti e padrini, medici, giudici, personale ecclesiastico, persino i semplici spettatori…

Compiuta l’unità d’Italia, il Senato del Regno promulgò una legge contro il duello nella seduta del 26 aprile 1875, e che rimase in vigore con pochi mutamenti per più di cinquant’anni.

Quindi i nobili non possono più duellare pena il rischio di perdere tutto.

Ecco allora che il nobiluomo per motivi di sicurezza istruisce, il fattore.

Chi era costui? Era l’uomo di fiducia, colui a cui il nobile affidava l’amministrazione delle proprie terre, il fattore, (factorem, facitore, quello che amministrava e curava gli interessi della terra, per il signorotto), ma era anche colui che all’occorrenza era guardia del corpo, teneva a posto i coloni, i ladri, e all’occorrenza difendeva l’incolumità del proprio signore, da cui dipendeva il suo sostentamento e anche una serie di privilegi.
E’ il fattore che lo accompagna con il calesse quando esce in città per affari o per compere, o quando d’estate va a visitare i poderi in provincia, su strade che non sempre sono sicure. Il fattore diviene detentore dei “kata di spada”, e siccome la spada non è più ammessa dalla legge, mentre i coltelli anche dalle lunghe lame vengono normalmente utilizzati in campagna, i kata di spada vengono trasferiti pari a pari al coltello.

Identici i movimenti, identiche le parate e gli affondi, cambia solo la distanza, tra i corpi…In un dojo di Aikido si direbbe: il mai- ai.

Gli allenamenti avvengono la sera tramite danze ritualizzate al suono della pizzica o del battito delle mani, il fattore si allena, fa vedere com’è bravo anche perchè i contadini devono temerlo, qualcuno viene invitato a sfidarlo, naturalmente al posto del coltello si usano dei pezzi di legno.

A questo punto le tecniche si “popolanizzano”, il duello man mano diviene appannaggio del popolino, i nobili si rivolgono ai tribunali per far valere i loro diritti, al popolano, che con le leggi e gli avvocati non ha confidenza, non resta che farsi giustizia da solo.

Così quello che ieri era sacrosanto per i nobili, anzi godeva del giudizio di Dio, ora diventa omicidio, o tentato omicidio e si finisce sulla forca o in galera.
Il coltello e le sue leggi, l’iniziazione, il rituale, l’onore, la sacralità, entrano a far parte della cultura del popolo che vive nella miseria, vive male, e quindi divengono appannaggio della malagente, della malavita.

La cultura dei nobili si è trasferita, prima nel popolo, poi nella malavita.

Non è un caso che i duelli si facessero dietro la chiesa di San Rocco, che le offese fossero lavate, qui da noi, la notte tra il 15 e il 16 agosto: gli sfidanti era a San Rocco che si affidavano, un santo misterioso e coraggioso, dal fisico gracile ma che non indietreggiava di fronte a nulla, il quale si recò in posti da cui gli altri fuggivano per curare gli appestati, fu pellegrino su terre infestate da malviventi, portò la propria solidarietà ad ammalati e miserabili, affrontando tutte le controversie della vita con coraggio e amore. Un santo vicino ai miserabili e dotato di grande coraggio .

A quale altro santo si potevano rivolgere i duellanti, quasi sempre miserabili la cui unica risorsa era il coraggio e la dignità, se non a San Rocco, santo del coraggio e della misericordia?

 

 

 

 

Quanto riportiamo qui in basso è una delle versioni della Danza delle Spade più accreditate tratta dal sito Festa di San Rocco

 

 

 

 

 

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La pizzica-scherma (erroneamente nota come danza delle spade) è una danza tradizionale delle province pugliesi meridionali (Taranto, Brindisi e Lecce) nella quale si mima in combattimento di coltelli usando semplicemente le dita della mano nuda; è dunque un tipo particolare di pizzica eseguito esclusivamente fra uomini che sostituisce il tema ludico con quello della sfida e del combattimento.

Questa particolare forma di danza non è di libero accesso ma, essendo legata per tradizione prevalentemente ad ambienti malavitosi (il carcere era un tempo la “palestra” più frequente), bisognava essere iniziati al ballo da persone già preparate ed essere presentati pubblicamente da un “compare” che fungeva da garante.

Nel Salento leccese ancora oggi è possibile assistere all’esecuzione della pizzica scherma o schermata perché legata alla tradizione di San Rocco nella località di Torrepaduli (nel comune di Ruffano), nella notte tra 15 e il 16 agosto, vigilia della festività del santo. Si possono per l’occasione vedere due stili esecutivi diversi, uno “leccese” e l’altro “zingaro”. Entrambi sono repertori ricchi di un complesso dizionario gestuale codificato e noto solo agli adepti.

Nella danza partecipano due uomini (più rara è la scherma a tre), che mimano un duello di scherma usando le mani, al ritmo ripetitivo e quasi ossessivo dei tamburelli suonati dai musicisti, che si dispongono in cerchio (ronda).

In onore di San Rocco durante la celebrazione della festa si balla la famosa “danza scherma”: un ballo che si perde nella notte dei tempi, molto antico, tipico e intrinseco solo di Torrepaduli. Il ballo si esegue con due ballerini che mimano con le dita delle mani un duello con coltelli all’interno delle famose “ronde”, ovvero un gruppo di persone che si dispone in cerchio. I ballerini che a prima vista possono dare l’impressione di eseguire movimenti uguali ad altre coppie hanno invece, se si nota con più attenzione, uno stile prettamente schermistico e completamente diverso. Naturalmente tutti i movimenti vengono eseguiti in simbiosi con il ritmo scandito dai tamburellisti accompagnati a volte dall’armonica a bocca. La danza si evolve simulando un attacco fisico all’avversario, un tentativo di difesa e di “affondamento di un colpo”. Quando l’avversario viene toccato, questi è immediatamente sostituito da altro ballerino che continua il “duello”. Questo fenomeno risale a tempi antichissimi e attira ancora oggi la curiosità di medici, antropologi e psicologi che non sono riusciti a spiegarne le origini. Per tutti coloro che non sono nati in questi posti, è difficile sentire e comprendere questo misterioso evento: ogni abitante di Ruffano, infatti, già dalla nascita sente dentro di se di appartenere alla sua terra con tutto il mistero e il mito che la circonda, sente di essere erede di un patrimonio, quello della danza delle spade, che porta in tutto il mondo la straordinaria ricchezza della nostra cultura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Category: Cultura, Io la vedo così

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