IL DUPLICE DELITTO DI LECCE CITTA’ / PUR NEL PERDURANTE, DEL RESTO COMPRENSIBILE, SILENZIO ASSOLUTO DEGLI INQUIRENTI, AL LAVORO H24, ECCO TUTTO QUELLO CHE SAPPIAMO. E QUELLO CHE DOBBIAMO SCOPRIRE

| 28 Settembre 2020 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo______E’ passata una settimana, da quel lunedì sera del 21 settembre, l’ultimo giorno di vita di Eleonora e Daniele. Il primo nella casa opportunamente ristrutturata per la convivenza che avevano deciso di iniziare, dopo cinque anni di fidanzamento. “Work in progress”, posta lei una foto sui social, per condividere un momento di entusiasmo per la nuova prospettiva di vita appena cominciata. Poi prepara la pizza per cena. Daniele indugia in quell’appartamento al secondo piano del condominio di via Montello, forse guarda la tv, che passa i notiziari, i talk show del momento, tutti dedicati ai risultati delle elezioni regionali, le nuove puntate delle serie tv.

Non ha altro da sistemare, del resto, gli armadi sono capienti, e loro, i due ragazzi, non hanno scheletri negli armadi.

E’ già buio da un po’. Il traffico scorre regolare su viale Gallipoli, appena un po’ di più al solito su via Oronzo Quarta, in concomitanza con gli arrivi e le partenze dei treni per Roma e per il Nord Italia.

Non ci sono più ai tempi del Covid, nemmeno le poche e svogliate prostitute che aspettavano improbabili clienti su per le adiacenti e parallele strade di via Martiri d’Otranto, stretta e solitaria, e via don Giovanni Bosco, più larga e frequentata.

Nemmeno i parcheggiatori abusivi.

Solo di passaggio qualche tossicodipendente.

Gli immigrati extracomunitari fanno qua e là radi capannelli, i più si spostano in bici, fra un negozio etnico e un appuntamento dubbio, fregandosene di sensi unici, precedenze e divieti.

E’ una sera di sconcertante normalità in questo fazzoletto di città che dicevano turbolento, ma che se paragonato alle analoghe zone a ridosso delle stazioni ferroviarie di tante altre città d’Italia, specie quelle più grandi,, è invece una specie di tranquilla routine senza storia e senza degrado.

Anche quella sera, fino all’ora di cena e del dopo cena.

Poi, si scatena l’inferno, in quel condominio ampio e decoroso, la tragedia.

Ecco quello che sappiamo, fino ad adesso.

Qualcuno, l’assassino, entra dentro, evidentemente conosciuto da Eleonora e Daniele, almeno da uno dei due, che gli aprono la porta di casa.

Poco dopo, le voci si fanno concitate, si sentono urla, lamenti, implorazioni. Il sicario coglie di sorpresa entrambi, ha ragione prima di Eleonora, poi finisce sull’uscio di casa Daniele, massacrandoli a coltellate con una furia accanita.

Scende le scale.

Uno dei condomini lo vede dallo spioncino della porta mentre si allontana rapidamente.

Qualche altro ha sentito una voce femminile invocare il nome di Andrea, ancora non è chiaro se sia stata Eleonora che chiedeva pietà all’assassino, o una delle inquiline dello stabile che richiamava il proprio compagno, allarmato dalle urla provenienti dall’interno del palazzo.

L’assassino ha un giubbotto, il volto travisato dal cappuccio, a tracolla uno zaino.

Cammina veloce, non corre, ma procede spedito.

Si era preparato il percorso da fare, a piedi. Ha un bigliettino con una specie di mappa delle telecamere degli impianti di videosorveglianza presenti in zona, qualche altro confuso appunto, di una specie di istruzioni per l’uso.

Forse cammina nel quasi buio di via Martiri d’Otranto, forse risale per via don Giovanni Bosco, di sicuro è al cavalcavia di piazzale Rudiae (nella foto).

Un fotogramma di una delle telecamere installate nei dintorni lo riprende. Immagine sgranata, poco utile. Ma è un errore che fa.

Ne ha fatti anche altri: ha perso il bigliettino con la mappa; lascia le impronte delle scarpe insanguinate; lascia pure propri segni biologici sui corpi delle vittime, che hanno lottato per difendersi; e ancora qualcuno per strada l’ha visto, se ne ricorda poi e va dagli inquirenti.

Poco, probabilmente non risolutivo, ma tanto basterà per avere un primo identikit, almeno una bozza.

Intanto ha guadagnato piazzale Rudiae, e là, o poco oltre, con tutta probabilità ha lasciato l’auto, o il mezzo con cui era arrivato e con cui si dilegua rapidamente.

Ci vogliono tre minuti a piedi da via Montello al cavalcavia; e dal cavalcavia in pochi minuti con un’ auto si può prendere qualunque destinazione: la tangenziale; la statale per Gallipoli e il Sud Salento; le provinciali per i paesi dell’immediata cintura; viale Grassi che porta alla superstrada per Brindisi; praticamente, l’ideale per far perdere le proprie tracce.

Non c’è l’arma del delitto, il coltello usato con accanimento: e comunque un’arma bianca non lascia tracce, a differenza di una pistola e dei proiettili da essa adoperati.

Non c’è idea precisa sul movente di tale, lucido, premeditato, ferocissimo accanimento, contro i poveri Daniele ed Eleonora.

Certo premeditato, per di più pensato proprio in quel ‘nido d’amore’ dei due, anziché altrove, chissà se questo possa avere un qualche significato psicologico, o almeno simbolico.

 

L’assassino è ancora un fantasma, perso dalle parti di piazzale Rudiae nel buio di una tranquilla e ancora mite serata di fine estate.

C’è una lunghissima lista di tabulati telefonici, di chat, di mail, di amicizie social da verificare, perché le vittime in qualche modo lo conoscevano, o almeno uno o una dei due.

Ci vorrà tempo.

Le indagini chiamiamole tradizionali dovranno dare questa prima, fondamentale risposta, su chi fra le decine,  forse centinaia di contatti, quelli che del resto ha ognuno di noi ai nostri tempi social, possa essere sospettato di aver attuato un odio tanto feroce che covava dentro di sé a tal punto da spingerlo a compiere un duplice delitto tanto feroce e a sostenerlo durante l’esecuzione.

Gli interrogatori informali si susseguono a ritmo incalzante.

Un rompicapo di nominativi da verificare uno a uno.

Poi, sarà la riprova della tecnologia sofisticata a stringere il cerchio intorno all’assassino.

Sono arrivati intanto i reparti investigativi speciali dei Carabinieri, quell’appartamento di via Montello invece che un nido d’amore, di dolcezza, di comprensione, viene passato al setaccio delle apparecchiature ultra sofisticate che credevamo di veder solo nei telefilm e nelle serie televisive americane.

Ma qui non siamo a CSI, dove i risultati arrivano velocissimi e tutto si risolve in mezz’ora. Lecce non è – non era – né New York, né Las Vegas. Ci vorrà tempo, per le indagini. Ci vorrà tempo per sapere come è perché sia diventata all’improvviso anch’essa città di uno dei delitti fra i più atroci che le cronache ricordino. Telefilm americani a parte.______

LA RICERCA nel nostro articolo di ieri

TRIPLICE FISCHIO, LA PARTITA E’ FINITA

 

L’APPROFONDIMENTO nel nostro articolo dell’altro ieri

IL DUPLICE DELITTO DI LECCE CITTA’ / A leccecronaca.it PARLA IL GENERALE LUCIANO GAROFANO: ‘L’ASSASSINO AVEVA LE IDEE BEN PRECISE, SARANNO FONDAMENTALI LE INDAGINI TRADIZIONALI, BISOGNA DARE TEMPO AGLI INQUIRENTI’

 

 

Category: Cronaca

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